Questo componimento, datato 1937, è uno dei tanti della sezione dei “Mottetti” delle “Occasioni” in cui Eugenio Montale lamenta l’assenza di Irma Brandeis, l’ebrea statunitense studiosa di Dante con la quale il poeta aveva avuto un’intensa relazione a Firenze. La donna, ribattezzata con lo pseudonimo di Clizia e poi di Cristofora nel “La Bufera e altro”, non farà più ritorno in Italia dopo l’emanazione delle leggi razziali nel 1938, ma Montale continuerà a mantenere una fitta corrispondenza epistolare con lei pur legandosi a Drusilla Tanzi, la donna che rinominerà con l’epiteto di Mosca.

L’assenza di Clizia è per il poeta caratterizzata da continui <barbagli> (parola tematica di tutta l’opera), ovvero bagliori, illuminazioni intermittenti che consentono delle piccole epifanie e che permettono all’autore di sentirla vicina. E in effetti il senso del titolo “Le Occasioni” rimanda proprio ad attimi privilegiati, in cui l’autore ritrova per lo più residui del passato apparentemente insignificanti, ma in realtà caricati di forte valore conoscitivo. Sono proprio gli elementi più banali ( animali stravaganti, oggetti-amuleti) che consentono al poeta di godere di attimi di vita piena e concedergli una, seppur minima, speranza.

Irma appare nel “Le Occasioni” rivestita di una carica salvifica sempre maggiore, fino a diventare la donna-angelo, la nuova Beatrice in “Notizie dell’Amiata”, mostrandosi come un’ “icona”, un’immagine sacra, ma mai avvicinandosi a lui completamente. E’ lontana, ma contiuna a fargli visita.

In altre poesie la donna si manifesta attraverso la musica, le opere di Debussy che il poeta riascolta e che immagina suonate da lei al pianoforte. Oppure attraverso il ritmo del treno di lei in partenza, che rieccheggia una <litania> associata ad una terribile <cadenza di carioca>.

Bisogna sottolineare, però, che interpretare quest’opera come se Irma Brandeis fosse l’unica figura femminile a cui Montale fa riferimento ci porterebbe in errore. In vari componimenti, infatti, l’autore è ispirato da Anna degli Uberti, conosciuta nelle sue poesie come Annetta/Arletta o dalla peruviana, la donna sudamericana portatrice di inquitudine o ancora da donne ebree come Gerti, che dà la possibilità al poeta di evadere dalla realtà e di rifugiarsi in un mondo fantastico.

In questo caso il barbaglio è un’immagine che l’autore osserva a Modena: sono due sciacalli al guinzaglio che Clizia gli avrebbe inviato col pensiero.Irma era infatti amante degli animali buffi, come testimoniano le numerose lettere in cui compaiono porcospini, falconi, porcellini d’India, etc. Eppure la scena ha anche un’aspetto inquietante: gli sciacalli, animali che si nutrono delle carcasse, potrebbero essere un segno della guerra imminente, soprattutto se notiamo che accanto al campo semantico dell’assenza si profila quello della morte ( “morte”, “sciacalli” “m’ abbandonava”). Il poeta, quindi, può aver volutamente lasciato un messagio di mistero, a metà strada tra un epifania salvifica e un presagio di distruzione.

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