Il fumetto può essere accostato alla letteratura o è destinato a rimanere per sempre un’arte minore? È un quesito vecchissimo e ampiamente dibattuto: come minimo dal 1963, quando Umberto Eco scrisse una memorabile apologia in difesa di Charles M. Schultz, creatore dei Peanuts e definito senza mezzi termini “poeta” dal semiologo piemontese.

Anziché provare a spiegare perché credo che i fumetti (alcuni di essi) possano essere paragonati alla più alta letteratura, preferisco consigliarvi una storia a fumetti. È Neil Gaiman che risponde al posto mio.

Classe 1960, inglese di Portsmouth trapiantato negli Stati Uniti (è sposato con Amanda Palmer, eccentrica cantante del duo dark-cabaret The Dresden Dolls), giornalista, conduttore radiofonico, prolifico autore di romanzi per ragazzi da cui sono stati tratti diversi film (su tutti il delizioso Coraline e la porta magica). Nelle sue storie esplode vivida la passione per le mitologie antiche: divinità sumere, africane, greche e norrene, figure mitologiche di tutte le culture che vivono nel nostro stesso mondo, si mischiano agli umani e partecipano attivamente alla storia, quella con la S maiuscola. Il tratto distintivo della cosmogonia di Gaiman è la condizione degli dei, subordinata agli uomini: le divinità esistono tutte ed è la devozione umana a farle vivere; nel momento in cui questa devozione viene meno, gli dei muoiono o sono costretti ad arrangiarsi per sopravvivere, nascosti in mezzo agli uomini.

Sandman, saga a fumetti in 75 albi pubblicata dalla Vertigo tra il 1989 e il 1996, rappresenta l’apice della creatività di Gaiman. Provare a raccontarlo in poche righe sarebbe impossibile: sia per l’enorme complessità della trama, che coinvolge decine di personaggi, sia per l’uso sistematico del metodo di scrittura de Le mille e una notte, miriadi di storie dentro altre storie, come un gioco di scatole cinesi che stordisce e commuove.

Mi limito a fornire due coordinate. La prima: lo schema fondativo dell’universo di Sandman è quello tipico di Gaiman, per cui leggendolo incontrerete Loki e Thor, Lucifero e la sua corte di diavoli, la musa Calliope rapita da uno scrittore che abusa di lei per avere continua ispirazione, la dea Astarte caduta in disgrazia e costretta a guadagnarsi da vivere esibendosi in uno strip-club, e molti altri.

La seconda: al di sopra degli dei stanno gli Eterni, sette entità (queste davvero immortali) che personificano e amministrano le leggi fondamentali dell’universo. Morte, Desiderio, Distruzione, Delirio, Disperazione, Destino (nella versione originale tutti i nomi degli Endless cominciano con la D, dettaglio che nella traduzione italiana purtroppo si perde). E Sogno, che è il protagonista della saga: Sandman, il “mago sabbiolino” che porta il sonno e che nel corso della storia è stato identificato con molti nomi: Morfeo, Oneiros, Oniromante, Plasmatore.

Non tutte le storie di Sandman fanno parte nel plot principale (che a volte è difficile separare nettamente dalle vicende secondarie): Sogno di una notte di mezza estate è una di queste. L’incipit è folgorante: alla fine del XVI secolo una compagnia teatrale si aggira per la contea inglese del Sussex. Il capo della comitiva è William Shakespeare. Appare Sogno, che prende da parte il drammaturgo. Dal loro dialogo scopriamo che esiste un patto tra i due: Sogno dona a Shakespeare il talento per scrivere le sue opere e in cambio questi dovrà dedicare due commedie al suo benefattore: La Tempesta e, per l’appunto, Sogno di una notte di mezza estate.

Questo è l’inizio. Come detto, tutte le divinità e le creature fantastiche sono vive e reali nel mondo di Sandman. Succede allora che la compagnia si ferma in aperta campagna (in un luogo chiamato Wendel’s Mound, che, a quanto Sogno racconta a Shakespeare, era un teatro “già da prima che gli umani arrivassero in Gran Bretagna”) e prepara l’allestimento dello spettacolo: lì andrà in scena la prima assoluta di A Midsummer’s night dream. Sogno assisterà alla rappresentazione, ovviamente, e non sarà solo: per l’occasione ha invitato i suoi amici della Terra delle Fate. Così, mentre gli attori impersonano Oberon, Titania e Puck, nella platea sono presenti il vero Oberon, la vera Titania, il vero Puck e tutti gli altri personaggi della commedia, il popolo di Faerie. Cioè che accade dopo, quando la commedia e la realtà si mescolano al punto che è impossibile distinguerle, è tutto da scoprire.

Con un colpo di genio clamoroso Gaiman ci mostra la genesi di un’opera letteraria di fama universale, fondendola alla sua storia e ai suoi personaggi con una straordinaria padronanza del mezzo narrativo. I disegni di Charles Vess sono splendidi, onirici e realistici allo stesso tempo, e accompagnano degnamente la magnifica sceneggiatura. I dialoghi vibranti esprimono il paradosso del confronto impossibile tra gli umani, legati al loro tempo, e le creature del sogno, che vivono una dimensione temporale infinitamente più ampia, ma che dalla creatività umana si lasciano sedurre.

Considerato dalla critica uno dei migliori episodi dell’intera serie, nel 1991 Sogno di una notte di mezza estate vince il premio World Fantasy come miglior storia breve, risultato mai ottenuto prima da un fumetto. Sarà anche l’unico, perché dall’anno successivo le regole del premio cambiano e i fumetti sono esclusi dalla competizione: sintomo di una propensione alla chiusura da parte del mondo letterario, refrattario a mischiarsi con i comics, che ancora persiste.

È una semplice storia a fumetti o si può parlare senza paura di “letteratura disegnata”? Sulla questione è intervenuto lo scrittore fantasy Peter Straub, che nella postfazione ad un albo di Sandman ha dichiarato, lapidario: “Se questa non è letteratura, niente lo è”.

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