Potenza e gloria. Quindici milioni di dollari di incasso e altrettante copie vendute nel mondo con traduzioni in più di venti lingue. Una fortunata serie televisiva e innumerevoli blog di fan, giochi da tavolo, due giochi di ruolo, fumetti e videogiochi. George Raymond Richard Martin (GRRM) ha fatto fortune (molte) con l’opera cui si è dedicato ininterrottamente da ventidue anni, la più importante della sua vita.

Né ucronìe, né utopie, né fantasy sulla falsariga de Il Signore degli Anelli con magia, mostri e elfi, la saga delle Cronache del Ghiaccio e del Fuoco, di cui Trono di Spade (ai più noto con in inglese Game of Thrones è il titolo del primo libro dei sette previsti e insieme della serie televisiva, narra di intrighi di corte, tradimenti, incesti, cocotte di alto e basso borgo, prestigi veri o presunti, lotte alla conquista del potere, rapporti di forza. Potenza e gloria, per l’appunto. G. R. R. Martin narra della storia dell’umanità, dell’uomo.

Sette regni contrapposti si danno battaglia su due continenti (occidentale e orientale, ça va sans dire) per il Trono di Spade, retto da Robert Baratheon e conquistato da questi in seguito ad una cruente guerra con l’ultimo re della dinastia orientale dei Targaryen, i signori dei draghi, grazie ai quali tale dinastia era riuscita a garantire il dominio dei regni. La morte del Primo Cavaliere del Re, novello Mazzarino, è la causa scatenante di rivendicazioni e aspre battaglie per l’ambito trono del regno occidentale dei Westeros da parte delle famiglie più potenti, gli Stark, i Lannister, i Baratheon, i Greyjoy, i Tully, gli Arryn e i Tyrell, mentre all’estremo Nord la Barriera, ultimo baluardo del continente difeso dai Guardiani della Notte, sembra non poter resistere ancora a lungo agli attacchi delle forze brute e degli Estranei.

L’ispirazione dell’autore ha origine nelle epopee medievali e trae spunto dagli eventi storici tra i più caratterizzanti della storia del mondo occidentale, la guerra delle due rose tra i Lancaster (Lannister?) e gli York e la sanguinosa guerra dei cent’anni tra Regno di Inghilterra e Regno di Francia, lotte dinastiche per il potere quando il conflitto non era preceduto da avvisi di risoluzioni delle Nazioni Unite.

La guerra, si sa, è la continuazione della politica con altri mezzi. La politica ha dentro di sé il conflitto, la sopraffazione, l’allocazione imperativa di valori, caratteristiche proprie della natura dell’uomo. Forse è proprio questa la fortuna di George R. R. Martin e della sua saga. Non ha il fascino e la geniale stravaganza di Bukowski e dei suoi Compagni di Sbronze, secondo cui “la politica è come cercare di inculare un gatto”, ossia qualcosa d’incomprensibile e per lo più, salvo rari casi d’inversioni zoofile, riprovevole, disprezzabile; la politica è guerra, nemici e alleanze, la guerra è (dis)umana. Potenza e gloria, per l’appunto.

A dire il vero, il racconto non è neanche avvincente come l’Edoardo III della guerra dei cent’anni di Shakespeare. GRRM non è Shakespeare né tanto meno Niccolò Machiavelli,Thomas HobbesCarl Schmitt, né Raymond AronKenneth N. Waltz, ma parla anche lui, a modo suo, di politica e, quindi, di conflitto. Ne parla nei suoi libri. E dalla prossima primavera, per la quarta stagione, ogni domenica su HBO.

 

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