(Dalle Metamorfosi di Ovidio)

La giovane Io, sacerdotessa di Giunone, viene sedotta da Giove sotto forma di nube. Insospettitasi dell’insolita nebbia in pieno giorno la regina degli dei parte in cerca del marito, che per difendere e nascondere la ragazza la trasforma in giovenca. Giunone su tutte le furie chiede al dio di affidare Io ad Argo, non il cane di Ulisse, quella è un’altra storia, ma il guardiano dell’Olimpo, uomo dai mille occhi, tra aperti e chiusi, che quindi avrebbe sorvegliato giorno e notte sulla giovenca. Giove, in pensiero per l’incolumità di Io, chiede a Mercurio di salvarla, così, con il dolce suono del suo flauto addormenta e uccide Argo. Giunone contrattacca e invia un tafano a tormentare la sfortunata, che disperata fugge per tutto il mondo. La storia finisce con Giove che tranquillizza e placa l’ira della sua signora, cosicché Io potrà riprendere le sue sembianze originarie.

Iconograficamente Io è rappresentata nel momento in cui Giove la seduce sotto forma di nube, a me, per esempio, piace la versione del Correggio (1489-1534) dove guardando bene la tela si intravedono mano e viso del dio, raffinate e nascoste nella foschia, e lei, che, col corpo, un po’ la giovenca la ricorda.

Giove e Io Correggio
Antonio Allegri, detto Il Correggio, Giove e Io, 1532, Kunsthistorisches Museum, Vienna.

Curiosità: questa tela fu realizzata per il duca di Mantova Federico II Gonzaga, il quale richiese per Palazzo Tè decorazioni riguardanti gli amori di Giove, donandole poi, a quanto pare, a Carlo V d’Asburgo, motivo del quadro a Vienna.

Curiosità II: altre rappresentazioni dell’episodio mitologico si rifanno ai momenti dello scambio giovenca tra Giove e Giunone e tra quest’ultima e Argo. Lo stesso Argo viene ritratto sempre dormiente, in veste di pastore, appoggiato ad una roccia con Mercurio mentre lo osserva di nascosto.

E allora questo è Velàzquez, Mercurio e Argo, 1659, Prado, Madrid.

P01175A01NF 2007

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