Carri armati non solo sovietici invadono Praga, un uomo si appicca in mezzo alla piazza senza far rumore e altri uomini corrono vicino a scaldarsi.

John Winston Lennon cade assassinato in una notte di dicembre davanti casa sua e l’unica cosa che fa musica sono i nastri sulle scale e tutti i silenzi di Mark David.

Caniggia anticipa Zenga e Ferri e pareggia.
Poliziotti vestiti da ballerine fanno irruzione nella mia casa ed escono sollevandomi come trofeo di guerra.
Un’infermiera stringe la mano a Diego Armando mentre lo porta nella sala antidoping dopo Argentina-Nigeria.

Una quasi ragazza dai capelli d’oro e le labbra lucide guarda improvvisamente nel vuoto intorno marciapiedi e gente della domenica che riempiono di rumore le strade e la testa, e in un secondo sfuocato due bambini crepano distrutti dalle parole senza che nessuno possa accorgersene o fare nulla.

L’Armata Rossa entra a Berlino perforando la porta di Brandeburgo come fosse burro sfuso mentre nel teatro imperiale della capitale d’Europa del 1950 si ascolta “La caduta degli dei” al buio e al freddo, perché non c’è corrente, fuori ragazzi in divisa regalano pasticche di cianuro e si pensa che il 1950 non arriverà mai.

Una dottoressa parla un linguaggio di un altro pianeta e si sforza di fare disegni mentre il mondo rimbalza nelle tempie incapace di entrarci come sempre aveva fatto e un piccolo falò dove buttarci interi album di fotografie improvvisamente mosse inizia a prendere corpo.

Una macchiolina invisibile sporca futuro e fogli bianchi e penso a tutti i posti che non vedrò e al posto bello e a un sacco di altre cose che credo di non ricordare, tipo la casa sotterranea di mia nonna, il giardino se così si poteva chiamare e tavolette di cioccolata superiore al latte dalla confezione viola e bianca.

Clessidre di aria si svuotano a velocità mostruosa fregandosene se non mi accorgo di loro mentre il sole scende sotto l’Arno e a Stoccolma non l’hanno visto in tutta la giornata.

Babbo Natale si impicca in preda a una convulsa crisi depressiva e i folletti si guardano e sanno che non potranno fingere e mentre qualcuno di loro pensa che si dedicherà a qualche stupido hobby scompare senza essere mai scientificamente esistita l’attesa che penetrava l’aria dei miei inverni.

Dean Moriarty che crolla sui binari,bagnato da una notte come tutte solo che stavolta cade la pioggia sul Messico e la festa è lontana una vita fa e il resto è solo purissima dolcezza.

Una porta è chiusa e non riesco a forzarla e improvvisamente mi sento debole e inutile.

Un giudice senza orecchie censura un verso di una canzone di De Andrè e tutti si ricordano di colpo che il mondo non si può cambiare.

Kurt Cobain si arrende all’inutilità del tutto nello stesso anno di grazia in cui Hank Chinasky si arrende alla logica e si addormenta incapace di credere come sia potuto arrivare fin là.

Una camera schizzata di sangue ovunque mentre un bambino continua a dormire ed è in un altro mondo mentre si cerca di salvare la fine da se stessa e lui continua a dormire e non può accorgersi di niente e un peluche lasciato fra le braccia di chi dorme nel letto di cenere senza saperlo sparisce dalla circolazione per sempre.

Un castagno centenario improvvisamente stanco cade di colpo sulla terra sbarrando sentieri e la vetta diventa irraggiungibile mentre gli uccelli continuano a cantare.

Due occhi pulsanti fissano altri due in una sfida a tutto ciò che c’è mentre la città intorno aspira gente e vita consumata ma nella sua mano c’è ne è un’altra che la stringe di troppo e non ci si può far niente e qui è un aborto della realtà seppellito in una bara bianca.

Un viaggiatore senza patria dopo aver attraversato pezzi di mondo e stagioni ha improvvisamente nostalgia del caldo della casa che non ha.

Li Po che mentre l’acqua entra nei polmoni non sa se provare a nuotare o stare fermo e pensa che valeva la pena di provare a accarezzare la luna dimenticandosi per un micidiale secondo che non si può.

Castagne cadono mature sulla terra ingiallita dai rami sospesi nel vuoto e tutto intorno sembra voler unicamente riposare accarezzato dal vento freddo.

Il fiume invade Firenze mangiando ponti e strade centenarie proprio mentre la mia bisnonna muore di vecchiaia per uno scherzo del destino insieme a tanta altra gente, separata dalla realtà da un vetro straripante di acqua purissima.

Tutte le cose non dette giacciono stordite galleggiando nell’aria, evocando i tempi in cui sarebbe bastato aprire bocca e cervello, ma così non è stato e ormai è solo polvere su vecchie immagini sbiadite. E tutti gli echi di pacifiche battaglie perse senza esser mai state combattute risuonano in un unico immenso silenzio cavalcato dal vento.

Un muro spacca l’Europa e un bambino si accorge di aver lasciato il suo unico giocattolo dalla parte opposta.

Gocce di pioggia pesante come piombo bucano sfiorandola l’aria di Lisbona mentre crepano in un corpo almeno 5 persone.

Charles Baudelaire scivola sulla scalinata di una chiesa come tante, nel mondo rimbomba il rumore di mille penne di ghiaccio che cadono spezzandosi sulla pietra e improvvisamente non riesce più a muoversi e le parole iniziano il piano di evacuazione dalla sua anima e non resta che bestemmiare per far impazzire le suore.

Il mio invisibile letto dove consumo le ultime ore incapace di ricordarmi se davvero c’è stato anche solo un frammento di passato dentro il quale respiro le ultime schegge di tempo corteggiando l’ultima volta di tutto quello che non c’è mai stato, cercando dappertutto sensazioni di immortalità dimenticate molto simili alla felicità.

Il conte Mascetti paralitico, il primo aereo che cade, tutti gli insuccessi che la storia non ha mai saputo, il primo desiderio dell’uomo bruciato dalla realtà, Adriano che pensa che un giorno Roma cadrà, perchè tutto finisce e pensa a come potrà mai essere e se lui ci sarà.

Un uomo in una piazza come tante, sfumata da un giorno come tanti, fra le tante vite e combinazioni che si sfiorano rifiutandosi o cercando di conoscersi, sfiora con lo sguardo un cavallo maltrattato sente male lì, all’anima come altre volte ma più di prima, e impazzisce.

Un seme che ho perduto, scrivendo, l’altro che mai pianterò e quello che infine non nascerà, un puzzle incompleto della Natura fortuna che può far a meno di quasi tutti.

Un angelo svampito chiuso dentro un vicolo buio che vende le ali in cambio di una dose per non pensare a tutta la depravata disperazione che c’è, mentre piove su tutto il mondo.

Bandiere senza colore sventolano da ogni balcone e si cantano inni muti e tutta la notte diventa immobile e sono tutti pronti a giurare che è sempre stata così e non riesco a far più niente di lei e di me e mi piego sulle mie ossa continuando a camminare sforzandomi di tenere la testa alta solo che non so più che fare e spero che arrivi qualcuno a darmi una mano e tutta l’aria ricominci a sfumare incastrandosi nei tetti, ma poi mi ricordo che non siamo in un film e nessuno arriverà.

Musicisti sordi che non ricorderanno i loro capolavori e generali in tempo di pace. Sirene che stuprano il silenzio, proprio quando si avrebbe bisogno di lui, Beetohoven costretto a ascoltare il silenzio, se ne innamora.

Una bambina che in un secondo fragile come un soffio in un tornado viene assalita da tutto il tempo che l’aveva solo sfiorata e diventa vecchia davanti a ogni specchio mentre un’altra sente la stanchezza dell’ammirazione e si chiude dentro una stanza a caso ad attendere che il miracolo della bellezza muoia per dire che non c’è mai stato.

Una penna che si rompe e le parole scioperano rifiutando di uscire dalle stanze oscure per celebrare se stesse. Oggi sarà un giorno di pesantezze e vuoti regalati.

Una stanza vuota che mai avresti aspettato, mentre sfuma il riflesso di un altro pomeriggio semplicemente stanco e c’è un cassetto vuoto o quant’altro a nascondersi chissà dove e non resta che riconoscere che davvero tutto può succedere ed è sempre stato così.

Una camera d’ospedale dove l’aria pesa e il sole non arriva, quindi sarà buia per sempre.

Dio che dopo aver creato tutto si sente stanco e svuotato e smette di guardare giù lasciando qualcosa che cresce e un sacco di orfani incapaci di accettare che passeranno il tempo a crealo e adorarlo.

e nessuno deve mai scordarsi che le cose sarebbero potute andare sempre e comunque diversamente

 

 

 

 

(ma, per un motivo che non so, sono andate così)

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