Nella vita di tutti i giorni sono estremamente rari i momenti in cui uno studente di scienze politiche riesce a guadagnare un briciolo di considerazione per il suo percorso universitario ed il suo parere riguardo un tema specifico viene investito di una certa autorevolezza. Uno di questi, senza dubbio, gli è offerto da una crisi di governo.

Solitamente lo studente, con il cuor pieno di orgoglio, si trova prontissimo a rispondere a qualsiasi domanda e, seppur per un breve lasso di tempo, si sente soddisfatto dai suoi studi. Ieri sera quindi, a cena con tre amici, la conversazione si sofferma sulle dimissioni del Governo Letta e, tra una considerazione e l’altra, mi viene rivolta la domanda:

“Ma allora, dato che anche a questo giro non voteremo il nostro Governo, siamo ancora una Democrazia?”

Domanda scomoda. Il mio ruolo di opinionista si è visto pericolosamente vacillare e, dato che la stima la si riacquisisce a fatica, per prendere tempo, ho finto uno strangolamento da cibo. La tattica ha funzionato, il tema della conversazione è deceduto, ma a me il dubbio è rimasto! Non appena a casa la prima cosa che ho fatto è stata prendere il mio vecchio manuale di “Scienza Politica” e andare a ricercare la risposta a quella tediosa domanda.

Da ora in poi la parole che leggerete non saranno le mie, ma quelle dei tre luminari (Cotta, Dalla Porta, Morlino), autori del manuale di “Scienza politica” (Il Mulino 2008). Questo articolo quindi non offrirà alcun tipo di giudizio politico, ma puramente “accademico”:

La crisi della Democrazia è l’insieme di fenomeni che alterano il funzionamento dei meccanismi tipici del regime. Vi è crisi democratica quando insorgono limiti e condizionamenti alla precedente espressione dei diritti politici e civili ovvero quando si ha limitazione della competizione politica e/o della potenziale partecipazione in quanto si è incrinato e/o rotto il compromesso democratico che ne è alla base.

La prima fase della crisi democratica si ha con una instabilità governativa, che si traduce con essenza di maggioranze coese e situazioni di conflitto. Si ha una frammentazione dei partiti (tendenza a moltiplicarsi dovuta all’insoddisfazione generale, creazione ed ascesa di nuovi partiti); aumento della presenza dei cittadini nelle sedi istituzionali; tendenza ad arroccarsi nelle posizioni, con conseguente possibilità di messa in discussione del regime democratico.

Non so voi, ma a me sembra di conoscere questa situazione. Aspettate però, perché il bello deve ancora arrivare:

La seconda fase della crisi democratica prevede: Politicizzazione dei poteri neutrali quali il Capo dello Stato, gli alti funzionari, le forze armate o i giudici, che non se la sentono più di essere organismi superpartes e decidono di scendere nell’arena. A questo punto solitamente segue una crescita degli episodi di violenza, anche in Parlamento, e il passo successivo è il crollo. Una alternativa al crollo è la perdita di terreno sul fronte della legittimità, l’aumento dell’incapacità decisionale da parte delle forze politiche e la perdita di effettività (anche se spesso urgenti, non si mettono in pratica le decisioni).

Mette i brividi, no? C’è da dire che il crollo è una soluzione molto improbabile, dato che facciamo parte di istituzioni sovranazionali che lo impedirebbero con ogni mezzo. Tuttavia, non vi sono dubbi che, visto che stiamo per entrare nel terzo governo non eletto dal popolo, quello attuale non si può definire un regime completamente democratico. Allora torniamo al manuale e vediamo che cosa ci dice:

In una oligarchia competitiva vi è un certo grado di competizione tra èlite ristrette in rapporti faccia a faccia. Non si può considerare un regime completamente non democratico ma piuttosto un regime di transizione verso un consolidamento democratico futuro. La selezione delle èlite politiche avviene sia attraverso il voto popolare, sia attraverso accordi presi tra queste. Vi è competizione partitica ma in una atmosfera “protetta” dalla fusione di interessi esterni alla politica quali quelli della grossa imprenditoria o dell’industria mediatica.

Questa purtroppo è stata la risposta. Mi spiace che sia così sintetica ma, essendo un regime particolarmente anomalo, anche nei manuali viene descritto molto sommariamente. Penso che l’unico modo di conoscerlo meglio sia “stare a guardare”. Chissà, forse un giorno saremo anche noi una democrazia consolidata in grado di rispondere ai problemi del Paese!

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