Pochi mesi dopo la nostra conversazione sugli odori-veleno H si ammalò seriamente. Non l’avevamo visto da più di sei mesi, quando improvvisamente lo incontrammo in un parco deserto e selvatico della pensione di Sestroretsk vicino alla stazione Kurort. H si riposava dopo un lungo ricovero in ospedale, e noi camminavamo verso la laguna, dove tra i pini e le dune ci preparavamo a trascorrere un inesorabilmente lungo pomeriggio di domenica. Era luglio. Nelle valli stringevano i pugni i giovani getti di felce. H era molto cambiato – sempre era stato magro, ma allora i suoi tratti grossi si erano induriti e scuriti, come se su di esse si fossero rapprese scaglie di metallo. A tratti sugli incroci apparivano i paletti bianchi con le freccine che indicavano il tragitto sanatorio. Pronto a spezzare il silenzio – H rifiutava di parlare della sua malattia, – ingegnosamente lodammo la bellezza severa dei pini circostanti. H rispose che nell’uomo dimorano vari esseri, che queste cose le dice solo uno di loro, – quando un altro lo sostituirà, potrà trovare brutto il paesaggio, ma sia il primo, sia il secondo, se potessero capire che sono in tanti e che non sono responsabili per le azioni e le opinioni l’uno dell’altro, avrebbero voluto mettersi d’accordo e, dopo aver guardato attentamente, avrebbero potuto notare con stupore che i pini non hanno nessuna voglia di essere belli, ciò avviene da sé, quasi loro malgrado. Con eleganti variazioni H ci riassunse una lezione di Gurdjiev sul gruppo di presuntuosi “ego”, avvolti dallo stesso involucro, ma praticamente ignari gli uni degli altri, aggiungendo che ciò menzionavano anche Hesse e Levkin, ma gli scrittori d’arte si prendono in considerazione solo in quanto portavoce di un’opinione, perché a loro importa non la verità stessa, ma il loro proprio parere al suo conto. Perciò gli scrittori non capiscono quello di cui scrivono, vedendo il senso nell’esposizione di una chimera, e non nella creazione di una zona dove l’autore può scomparire. Noi fummo d’accordo. Evidentemente la nostra viva attenzione commosse H, perché lo stesso giorno ci offrì una particolare miscela da fumare e una fialetta con un rinfrescante unguento aromatico, i quali dopo un preciso complesso di suffumicazioni e unzioni permettono agli esseri che nell’autocompiacente cecità popolano un essere umano di rilevarsi a vicenda. Proprio dopo aver eseguito il complesso (all’inizio c’era tanta ansia, tanto rumore e disagio, però man mano ci si arrivò ad osservare la procedura), cominciammo a riferire a se stessi in plurale. Ma ora chi siamo? È opportuno paragonarci ad un supremo organo elettivo di un piccolo stato totalitario.

– Lo stato “solito” della coscienza è soltanto un caso particolare della concezione del mondo.

– Lei lo avvelenò con un orribile liquido rosa, il quale lo restrinse fino a trasformarlo in un nano. A questo l’imperatrice raccontò al suo seguito terrificato che nel suo Palazzo della splendente virtù c’erano molti veleni: con uno l’uomo brucia e diventa cenere, con un altro inizia a sanguinare e si dissolve tutto, con l’odore di un terzo si trasforma in vapore. (Testimoniato: l’esecuzione dell’eunuco Liu).

– La sua forza funziona come una calamita, più profondo nella terra cresce la sua radice, più potente e più pericolosa essa diventa. Se arrivi a tre metri in profondità – dicono che pochi ci sono riusciti – acquisirai la fonte di una forza infinita ed immisurabile.

– Il ritorno al solito stato di coscienza era veramente sconvolgente. Mi ero dimenticato di essere un uomo.

– Chi ricorre al fumo deve avere intenzioni pure e la volontà irremovibile. Essi saranno utili per tornare indietro, in primo luogo perché il fumo può non lasciarlo andare via, in secondo per ricordarvi tutto ciò che il fumo gli avrà permesso di vedere.

– “Che cosa succede con una persona che si spalma l’unguento sulla fronte?” – “Se lui non è un grande brujo, semplicemente non tornerà mai dal suo viaggio”.

– Tutti i sentieri sono uguali – non portano da nessuna parte.

Ripreso dalla malattia, le cause e la sostanza della quale rimasero un mistero per gli altri, H non tornò più alla sua farmacia. Magari si sarebbe potuto assicurare una vita agiata se avesse iniziato la pratica da guaritore alternativo, comunque ad H non interessava mai il profitto – nel senso del lucro, – che poteva trarre dalle sue conoscenze singolari. Ci pare che per continuare le ricerche H aveva bisogno dei materiali, non tutti, almeno alcuni più facili da trovare in istituzioni di un certo genere. Insomma, dopo la guarigione H fu assunto al laboratorio sperimentale dell’azienda di profumeria “Aurora boreale” (“Severnoje sijanije”), che si trova là dove si annodano le vie Nikolajevskaja – Borovaja – Ivanovskaja. Il periodo della sua vita legato all’”Aurora boreale” coincide con una tappa particolare delle sue indagini teoriche e pratiche, che con un’apparente malizia, che certamente non è applicabile al suo contenuto profondo e difficilmente concepibile, si potrebbe anche chiamare “di profumeria”.

Qui bisognerebbe menzionare l’improvviso e qualitativamente incrementato interesse di H per le questioni del sesso, più precisamente, per una di loro, quella dell’evoluzione del sesso. (Facciamo una riserva sostanziale: la differenza tra i modi della moltiplicazione della muffa e del genere umano rimane in balìa dell’ingenuo darwinismo e non ha niente a che fare con il tema). Cercheremo di esprimere questo sua interesse per mezzo di una catena di conseguenti conclusioni, attinte parzialmente dalle nostre rare conversazioni con H, parzialmente congetturate indipendentemente. La correttezza delle congetture non deve essere messa in dubbio a forza di una serie di ragioni, la più importante e sufficiente delle quali è la mancanza dell’interesse da parte nostra di calunniare H.

Dal punto di vista comune nella separazione dei sessi e in tutto che ci è connesso (l’amore) si riscontra un solo scopo – continuazione della vita. Ma anche se utilizziamo questa angolatura poco elegante, è assolutamente evidente che all’uomo è stato donato molto più “amore” di quanto è necessario per la riproduzione della prole, – l’eccesso dell’energia del sesso si trasforma in vari modi, a volte contraddittori e pericolosi, anche patologiche, a tutto ciò instancabilmente forniva le prove Freud e i suoi successori. Probabilmente senza tale prodigalità l’obiettivo immediato non sarebbe mai stato raggiunto – la natura (poniamo, la natura) non sarebbe riuscita a costringere gli uomini a ubbidire e generare la prole secondo la sua volontà. Gli uomini avrebbero cominciato a barattare. Quello splendente eccesso serve da garanzia dalla vanitosa ostinazione, acceca l’uomo, lo schiavizza e lo costringe a servire gli scopi della natura convinto di servire a se stesso, alle proprie passioni e desideri.
Secondo l’opinione di H a parte il compito principale, la riproduzione, il sesso serve a due altri obiettivi, – la presenza di essi appunto spiega perché la forza del sesso si manifesta in tale eccedenza. Uno di questi obiettivi è mantenere la specie su un certo livello, quindi, quello che in biologia si capisce sotto il termine “evoluzione”, benché spesso le vengano attribuite delle proprietà universali che essa non possiede. Se ad una data “razza” manca l’energia del sesso, inevitabilmente seguirà la degenerazione. L’altro obiettivo, bensì meno evidente e occultato più in profondo, – è l’evoluzione nel senso mistico (o come diceva H, nel senso vero) della parola, cioè lo sviluppo dell’uomo verso la coscienza più elevata e il risveglio delle forze e capacità dormienti. L’ultimo compito differisce dai primi due perché esige azioni consapevoli e una mirata organizzazione della vita. Non è un segreto che praticamente tutte le dottrine occulte, che riconoscono la possibilità della trasformazione dell’uomo, vedono questa possibilità nella trasmutazione di certi generi dell’energia in totalmente diversi, – in questo caso H intendeva indubbiamente la trasformazione dell’energia del sesso in un’energia di un registro più alto e la sua conseguente orientazione verso l’interno dell’organismo per creare una nuova vita, capace di rinascere continuamente.

A questo punto ci troviamo in difficoltà, pur non significativa – dobbiamo forse spiegare che nel suo periodo “di profumeria” le indagini di H si riducevano al tentativo di incrementare l’”amore” quantitativamente il più possibile per facilitare la sua metamorfosi qualitativa?

Ci viene in mente il racconto di H sul durian, che volendo possiamo adoperare come una base nella posizione del problema.

(Traduzione di Xenia Skiliar)

Pavel Vasiljevič Krusanov è nato nel 1961 a Leningrado. Ha trascorso una parte dell’infanzia in Egitto dove suo padre lavorava alla costruzione della diga di Assuan. Si è laureato in Geografia e Biologia all’Istituto Pedagogico Herzen di Leningrado. Nei primi anni ’80 ha partecipato alle attività dell’underground musicale con il gruppo Absatz. Negli stessi anni collaborava con la rivista non ufficiale “Gastronomičeskaja subbota” (“Il sabato gastronomico”). Ha lavorato come tecnico delle luci per un teatro dei burattini, giardiniere, tecnico di sala di registrazione, ingegnere nel settore pubblicitario, tecnico della stampa offset. Dal 1989 è stato redattore per varie case editrici (“Vasiljevskij ostrov”, “Triton”, “Severo-zapad”, “Azbuka”, “Limbus press”, “Amfora”), nello stesso anno sono stati pubblicati i suoi primi testi nelle riviste ufficiali. Nel 1990 esce il primo libro “Gde venku ne leč’” (“Dove non si metterà la ghirlanda”) nel quale si percepisce l’influenza di Faulkner, lo stesso testo, rielaborato, esce nel 2001 sotto il titolo “Noč’ vnutri” (“Notte dentro”). Dall’inizio degli anni 90 la maniera di Krusanov si trasforma più volte, prima verso sofisticate costruzioni postmoderniste con “Znaki otličija” (“Segni di riconoscimento”) 1995, più tardi verso il realismo alternativo e il cosiddetto “romanzo dell’impero”. Negli anni 1996-97 affascinato dalla tradizione epica dei popoli finnici Krusanov crea un romanzo epico “Runopevec” (“Cantore delle rune”) a base del corpus della “Kalevala” raccolto da Elias Lönnrot. Hanno seguito “Il morso dell’angelo” (2001), “Bom bom” (2002, bestseller nazionale nel 2003), “Il buco americano” (2005).

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