Quelli di Stefano Perego sono luoghi imponenti, curiosi, a volte deserti e pericolanti.
Le sue locations predilette evocano inquietudine, stupore, danno l’impressione di essere sopravvissute a qualcosa di catastrofico o di attendere eventi apocalittici.
Il Malpensante ha incontrato l’artista e ha deciso di trovare riparo in questi angoli lontani, fino alla fine del mondo.

stefanoperegoselfChi è Stefano Perego?

Sono un fotografo d’architettura, con base a Milano, che viaggia alla ricerca di edifici particolari, progettati e costruiti soprattutto tra gli anni cinquanta e gli anni ottanta. Mi interessano in modo particolare gli edifici modernisti presenti nelle ex repubbliche socialiste dell’est Europa e dell’ex Unione Sovietica, e in generale gli edifici con facciate e elementi in cemento armato in stile “brutalista”, presenti in tutto il mondo.

Nei tuoi scatti non emerge solo quella perfezione sfrontata tipica della fotografia d’architettura, se si considera che riesci ad estrarre un’anima anche alla facciata dell’edificio più austero.
Riusciresti a descrivere l’energia che si sviluppa fra te e l’ambiente che devi immortalare?

Oltre al lato documentaristico della mia fotografia, cerco spesso di includere la sensazione unica che mi trasmette un certo edificio. Inizialmente, durante la fase di ricerca (parte fondamentale del mio lavoro), decido quale condizione di luce ritengo più adatta e di conseguenza scelgo un preciso punto della giornata in cui andare a scattare, poi, una volta sul posto, mi prendo il tempo necessario per entrare in sintonia con i volumi della struttura e trovare i punti di maggior impatto visivo.

The former Cinema Orot, by architect Zeev Rechter, 1963. Be'er Sheva, Israel. Photo: Stefano Perego.
The former Cinema Orot, by architect Zeev Rechter, 1963. Be’er Sheva, Israel. Photo: Stefano Perego.


I tuoi innumerevoli viaggi sono finalizzati ad uno scopo fotografico o nascondono altre motivazioni?

Con la mia fotografia voglio documentare l’esistenza di edifici che spesso sono poco conosciuti, ma che descrivono un periodo della storia dell’architettura di sperimentazione e di grande creatività, e mostrarli con il mio personale punto di vista. Molte di queste strutture sono a rischio, negli ultimi anni ci sono state diverse demolizioni. In questo caso fotografarle serve anche a far conoscere, sensibilizzare e salvarne la memoria.
Un altro punto del mio lavoro è mostrare come questi edifici si collocano nel contesto urbano odierno, che è cambiato nel tempo, creando a volte dei forti contrasti e delle situazioni anacronistiche.

Le opere che possiamo osservare sulle tue pagine dove vanno a finire?

Spesso le mie fotografie vengono pubblicate su importanti magazine online e riviste stampate che parlano di architettura e design, così come su libri fotografici a tema e mappe architettoniche.

The iron fountain originally built in the area of the Polytechnic University of Gyumri by Arthur Tarkhanyan, 1982. The fountain is still standing after a strong earthquake in 1988 destroyed a big part of the city. Gyumri, Armenia. Photo: Stefano Perego.
The iron fountain originally built in the area of the Polytechnic University of Gyumri by Arthur Tarkhanyan, 1982. The fountain is still standing after a strong earthquake in 1988 destroyed a big part of the city. Gyumri, Armenia. Photo: Stefano Perego.

Quali sono le città italiane che si prestano meglio per i tuoi scatti?

Sono molte! Se devo scegliere tre città che mi hanno dato molte soddisfazioni direi Trieste, per il complesso di Rozzol-Melara e il santuario di Monte Grisa, Firenze per gli edifici di Giovanni Michelucci e Leonardo Savioli e Genova per le residenze “Il Biscione” e “Le Lavatrici“.

Esiste un luogo dove per qualche motivo non torneresti a fotografare?

Assolutamente no. Ho avuto esperienze positive in ogni paese dove sono stato che ha formato ed arricchito la mia visione.

Kihoku Tenkyukan, an astronomical museum and observatory designed by Takasaki Architects, 1995. Kanoya, Japan. Photo: Stefano Perego.
Kihoku Tenkyukan, an astronomical museum and observatory designed by Takasaki Architects, 1995. Kanoya, Japan. Photo: Stefano Perego.

Un edificio che vorresti immortalare e che non sei ancora riuscito a raggiungere? 

Il primo che mi viene in mente è il Centro Esposizioni a Salvador, in Brasile. È qualcosa di incredibile.

Seguo il tuo percorso fotografico da diverso tempo, col passare degli anni mi sono accorta che gli interni di ville e strutture in stato di degrado hanno fatto spazio alle facciate dei più disparati ed insoliti edifici della Terra. È una mia impressione o si tratta di una tua scelta artistica?

Ho iniziato il mio percorso fotografico nel 2006, esplorando le aree industriali abbandonate di Milano, e per molti anni ho fotografato esclusivamente edifici abbandonati di qualsiasi tipo (fabbriche, ospedali, ville, chiese) in tutta Europa. Il punto di svolta verso la fotografia d’architettura è stato nel 2015 durante un viaggio nei paesi dell’ex Jugoslavia. Gli edifici modernisti, costruiti durante il periodo socialista, che vedevo durante il viaggio, avevano catturato la mia attenzione. Ero curioso di scoprire di più e di vedere quale sarebbe stato il mio approccio fotografico verso queste strutture e da quel momento è iniziato questo mio progetto di ricerca.

Memorial and Museum of the Slovak National Uprising, by architect Dušan Kuzma, 1963-1970. Banská Bystrica, Slovakia. Photo: Stefano Perego.
Memorial and Museum of the Slovak National Uprising, by architect Dušan Kuzma, 1963-1970. Banská Bystrica, Slovakia. Photo: Stefano Perego.

Le opere di Stefano Perego su Facebook e su Instagram

 

 

 

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