Il 21 febbraio scorso Matteo Renzi, divenuto premier, ha presentato i nuovi ministri del suo governo. Per il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo – un organo che nel nostro paese dovrebbe essere di massimo rilievo – non ha scelto di riconfermare una figura di grande sensibilità e determinazione come Massimo Bray, apprezzato da molti per il suo impegno, ma ha invece attuato un riciclaggio (un vero paradosso per il noto rottamatore!): ha nominato infatti Dario Franceschini, che ha ricoperto sì importanti ruoli, tra cui nel 2009 quello di segretario del Partito Democratico, ma che ha dimostrato, secondo il nostro avviso, un labile carisma.

Non è bastato nemmeno il sostegno di Massimo D’Alema, che aveva chiesto con forza la riconferma di Bray, come d’altronde non è stato sufficiente quello proveniente dai cittadini italiani. A favore dell’ex ministro si è mosso anche il popolo dei social network, dato che prima del cambio di guardia, il 13 febbraio, è nata una pagina facebook: “Toglietemi tutto ma non il mio Bray”, che in due giorni aveva raggiunto i 1200 iscritti. Su Twitter Bray ha lasciato il suo ultimo messaggio: «Questa storia come tutte le storie ha una fine. Grazie al personale del Mibact e ai cittadini che, come me, ci hanno messo cuore e passione».

Riassumiamo alcune rilevanti azioni operate durante l’effimera èra-Bray. Grazie al suo impegno nell’agosto del 2013 il Consiglio dei Ministri ha approvato il decreto legge “Valore Cultura”, che ha previsto misure urgenti: l’istituzione di un direttore generale per il Progetto Pompei, finanziato con 105 milioni di euro di fondi europei, lo stanziamento di 8 milioni di euro per il completamento dei Nuovi Uffizi, e di 4 milioni per la realizzazione del Museo della Shoah a Ferrara. Inoltre il decreto legge ha previsto il tirocinio di 12 mesi per 500 laureati under 35, un fondo di 75 milioni per il risanamento delle fondazioni lirico-sinfoniche, e nuove facilitazioni per effettuare donazioni private al settore culturale. Nonostante le sempre più scarse risorse destinate al suo ministero Bray è riuscito a rimanere coerente alla sua linea d’azione, perseguendo alcuni obiettivi positivi.

Le prime affermazioni da nuovo ministro Franceschini sono venate di banalità e retorica: «Sono certo che ci sarà la scelta del governo Renzi di mettere la cultura al centro»; ha aggiunto: «non è un ministero di serie B, I beni culturali sono un ministero economico. Penso che il ministero della cultura sia in Italia come quello del petrolio in un Paese arabo».

Se la realtà coincidesse con l’utopia, da Renzi dovremmo aspettarci qualcosa di nuovo e positivo nell’ambito dei beni culturali, essendo egli stato sindaco della città dell’arte per antonomasia, e dunque custode di un prezioso scrigno traboccante di bellezza. Intanto (sul piano della obiettiva e triste realtà), a Firenze, con il beneplacito di Cristina Acidini, Soprintendente per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale, edifici di importanza storico-artistica fondamentale, vengono affittati come scenari e location di matrimoni megalomani, come è ad esempio accaduto nell’aprile del 2013 col matrimonio del figlio del magnate indiano Aloke Lohla, i cui invitati hanno cenato nientemeno che presso lo splendido Palazzo Pitti. Tali concessioni, sebbene apportino molto denaro nelle casse del Comune, tradiscono però, in modo spudorato, l’articolo 20 del codice dei Beni culturali: “I beni culturali non possono essere distrutti, danneggiati o adibiti ad usi non compatibili con il loro carattere storico o artistico oppure tali da recare pregiudizio alla loro conservazione”.

Questo ennesimo cambiamento politico, sopravvenuto dopo 9 mesi di governo Letta, che ha colpito il nostro paese sta creando un’atmosfera di disorientamento, ma si avverte anche la contraddittoria sensazione di una stasi, di una paralisi che non si riusce a superare. Vi è tuttavia qualcosa di costante nella precedente e nell’attuale situazione: i buoni propositi e le bellissime parole di Bray, e quelle future del neo ministro Franceschini, rimarranno ineluttabilmente vuote e astratte, non per loro colpa, ma per una generale insufficienza di fondi e un disinteresse che sta colpendo sempre di più il settore della cultura in Italia.

Tra domenica 2 e lunedì 3 marzo si sono verificati tre nuovi crolli nel sito archeologico di Pompei, che da tempo ormai sta subendo un inarrestabile degrado. A tal proposito Dario Franceschini, alla conferenza stampa convocata a Milano per l’Expo ha affermato. “Sorrentino ha vinto l’Oscar e a Pompei è crollato un altro muro. Dobbiamo credere nella forza straordinaria della nostra bellezza e, insieme, tutelarla orgogliosamente”.

A parte la retorica ravvisabile in queste parole, vi vediamo però un accostamento riuscito: il film che ha trionfato parla della decadenza morale di una certa parte della società italiana, che è parallela e contestuale a quella materiale del nostro inestimabile patrimonio artistico, a cui stiamo assistendo inermi – un patrimonio abbandonato a se stesso.

proseguimento di una retta morale nella politica, nella società civile, e un impegno concreto nella difesa della cultura e dell’arte sono propositi legati indissolubilmente, tanto da determinare ciascuno il destino dell’altro. Quando attueremo, allora, questa rivoluzione?

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