Questa ricerca propone una visione “macro” delle dinamiche generazionali, concentrata sull’emersione di valori post-materialisti dal punto di vista dei giovani della working class. Senza pretese di scientificità, ci prefiggiamo di individuare il ruolo storico del Welfare State nell’evoluzione dei bisogni post-materialisti, prendendo in esame tre fasi storiche (corrispondenti all’ascesa, all’apice e al declino dei sistemi di Welfare) e un contesto preciso (quello del Regno Unito).

Parlando di valori post-materialisti nelle società occidentali, ci riferiamo principalmente all’impianto teorico sviluppato dagli studiosi Inglehart e Maslow.
Le loro interpretazioni evidenziano negli esseri umani la presenza di una gerarchia di bisogni, tale per cui quelli di ordine elevato, relativi alla crescita intellettuale e artistica della persona, sono concepibili soltanto dopo che siano stati soddisfatti quelli di livello più basso, relativi ad esempio alla sopravvivenza fisica, e quindi alla relativa sicurezza socio-economica. Basandosi sulla celebre piramide dei bisogni di Maslow, Inglehart [Inglehart, 1983] definisce come “valori materialistici” la sicurezza fisica ed economica, la disponibilità di beni di prima necessità, la salute, la proprietà, insomma la sicurezza come generale stabilità familiare, economica e politica. Definisce invece come “valori post-materialistici” il senso di appartenenza, l’autorealizzazione, il soddisfacimento intellettuale ed estetico; ovvero tutte le disposizioni emotive che attribuiscono importanza ad obiettivi come il senso della comunità e la qualità non materiale della vita; la partecipazione e l’autonomia; la centralità dei sentimenti; una concezione del mondo più cosmopolita; il declino dell’autorità gerarchica, del patriottismo, della religione.

La diffusione di massa di queste “chances di vita” [Dahrendolf, 1981: 198,199], è stata possibile in Europa grazie a due variabili chiave: certamente l’imponente produzione di ricchezza che ha caratterizzato tutto il XX secolo, ma anche e soprattutto l’impianto politico che ha permesso la redistribuzione di questa ricchezza prodotta, cioè il cosiddetto Stato Sociale.
A sostegno di questo punto di vista, raccontiamo tre situazioni storiche, cercando così di evidenziare nei costumi e negli stili di vita il mutamento di punti di vista e di bisogni. Per farlo ci concentriamo sul contesto che storicamente è stato pioniere dei sistemi di Welfare e delle sue trasformazioni, il Regno Unito, e sulle generazioni giovani, partendo dal presupposto che la gioventù sia il periodo “post-materialistico” per eccellenza nella vita di un individuo.
La prima situazione descrive la condizione dei giovani appartenenti alla working class a inizio ‘900, prima che fosse effettivo qualunque piano organico di protezione sociale. La loro era una vita di stenti, in un contesto sociale spaccato da diseguaglianze profonde; erano costretti a lavorare in precocissima età, abbandonati a loro stessi e spesso tentati dalla delinquenza. La mancanza di una “base materiale”, in termini di sicurezza sociale, non permetteva un corretto sviluppo della persona, e sebbene le autorità iniziassero allora ad occuparsi della questione, risultati solidi sarebbero giunti soltanto a partire dal secondo dopoguerra.
Piramide dei bisognisaluti-dallo-Stato-SocialeLa seconda situazione che descriviamo riguarda infatti la generazione che raggiunse l’età adulta a metà degli anni Sessanta, caratterizzata da un’enorme discontinuità rispetto alla generazione precedente, in quanto cresciuta in condizioni di benessere economico, con facile accesso all’istruzione superiore e bassa esposizione al rischio di una guerra. Queste “conquiste” indebolirono gradualmente l’attenzione sociale a valori di tipo “materialistico”, lasciando spazio all’affiorare di bisogni di carattere superiore (a maggior ragione per chi non aveva mai avuto esperienza di mancanze “materiali”: i giovani).
Una condizione nuova e diffusa (proprio grazie all’espansione delle politiche di Welfare), che alleggerì milioni di ragazzi rispetto al peso delle necessità di sicurezza economica, e che permise loro di dedicarsi alle preoccupazioni relative alla propria auto-realizzazione, un vero e proprio “lusso” per le generazioni precedenti, che proprio per questo motivo fecero fatica a comprendere (e sopportare) le nuove istanze dei figli. Da lì in poi, la questione della ricerca di identità divenne prioritaria per i giovani, e fin da subito fece scaturire tendenze ben riconoscibili, nello stile di vita come nei consumi culturali (qui ne descriveremo alcune, relative al contesto della Gran Bretagna).
Tutto questo significava maggiore libertà, per tutti. Libertà di essere ciò che si voleva grazie alla serie di nuove possibilità venute a galla. Un rafforzamento incredibile della libertà individuale, che ha inciso profondamente sulla vita in comunità delle persone, disgregando progressivamente la solidità dei punti di riferimento tradizionali. Una frammentazione che ha reso però molto difficile ricompattarsi intorno a nuovi riferimenti sociali: oggi sembra essere rimasta in piedi solo l’istituzione “mercato”, in quanto espressione suprema della libertà individuale. Lo stesso Welfare State, fautore della diffusione orizzontale del benessere, a partire dagli anni ’80 del ‘900 è stato messo politicamente in discussione, proprio in nome del valore del mercato come regolatore sociale.
Il cambiamento che ne è scaturito, estremamente rapido, sregolato e difficile da seguire, ha reso obsoleti per la maggior parte delle persone gli strumenti di decodifica del mondo. In un simile contesto, “essere liberi significa essere condannati a scegliere continuamente e, cosa ancora più importante, a portare la responsabilità di ogni scelta compiuta o da compiere. Assumersi la responsabilità della propria libertà non è facile, (e) non (deve) meraviglia(re), dunque, se la vita nella libertà è disseminata di tentazioni a rinunciarvi, a nascondersi dietro un’autorità capace di portare le responsabilità che troppo pesantemente gravano sulle nostre spalle” [Bauman, 2003].
Data la crisi del potere politico e delle comunità territoriali (fino a non molto tempo fa riferimenti essenziali alla definizione del Sè), la sola autorità rimasta sembra essere il mercato, che quindi diventa anche dispensatore di identità. Il consumo diventa uno dei tratti più marcati dell’individuo post-moderno, ne riflette l’identità multipla e contribuisce a crearla [Fabris, 2003]. In questo senso, possiamo leggere il consumismo come una degenerazione del post-materialismo di massa.
D’altronde, uno dei presupposti del consumo e, in generale, dei bisogni post-materialisti, è la sicurezza economica. Oggi questa sta venendo meno, in un contesto finanziario globalizzato e abnorme, strutturalmente imploso con la crisi dei Subprime del 2008, e in piedi solamente grazie alla forza delle finanze pubbliche. Il mondo sta vivendo una recessione economica lunga e di difficile soluzione, e in Europa la crisi occupazionale è preoccupante. Inoltre, alla minaccia politica rivolta ai sistemi di Welfare, si aggiunge la preoccupazione circa la loro concreta sostenibilità da un punto di vista economico. Per molte persone la sicurezza economica sembra svanita; i due presupposti su cui si basavano i valori post-materialisti (così come li abbiamo conosciuti), iniziano a cedere.
La nostra analisi arriva così alla descrizione della terza situazione storica, quella attuale: la maggioranza dei giovani inglesi (ma in qualche caso ci siamo permessi di allargare il campo d’indagine, considerato il contesto ormai globale), come coniuga il proprio stile di vita e le proprie aspirazioni con questo crollo della sicurezza economica? È in grado di adeguare i propri bisogni post-materialistici al nuovo contesto? E se sì, come lo sta facendo?

ll presente elaborato è stato redatto durante il corso di “Media, Identità e Consumi” tenuto dalla professoressa Silvia Pezzoli per il curriculum di laurea magistrale in “Strategie per la comunicazione pubblica e politica” nella facoltà di Scienze Politiche dell’Università degli studi di Firenze. Cogliamo l’opportunità per ringraziare la professoressa Pezzoli per la disponibilità.

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