Il 23 giugno il Regno Unito è chiamato a decidere a proposito della sua uscita dall’Unione Europea. Non è insolito incontrare opinioni anti europeiste nel vecchio continente negli ultimi tempi, e la diffusione dello spirito populista nelle strade d’Europa ha reso meno insolito l’ascolto di opinioni sospettose sull’unione, le quali accusano vagamente banche, grandi poteri e forze più o meno oscure di manipolare l’esistenza dei cittadini degli stati che ne fanno parte. Tutto questo non è una notizia e ormai ha molto a che fare con l’abitudine. Come in tutti i periodi di crisi che l’Europa ha vissuto si avverte una diffusa paura per lo “straniero” e si assiste a una crescita delle destre, anche in paesi che hanno vissuto esperienze traumatiche con le conseguenze più radicali dell’ascesa dei fascismi durante il secolo scorso e che sembrano aver dimenticato la propria storia. La Germania ne è l’esempio più lampante: qui le fila dell’estrema destra cominciano a vedere numeri importanti, con dati che hanno cominciato a farsi notare già dalle elezioni regionali degli ultimi anni. Pochi mesi fa in Austria l’estrema destra ha sfiorato il governo, e qualche anno fa Alba Dorata, un partito nazista, è entrata in parlamento in Grecia.
Discostandoci dalla semplice lettura dei numeri e dalla valutazione degli schieramenti politici, potremmo semplicemente interrogarci sul fatto che l’Europa sia seriamente minacciata da una disgregazione. Secondo alcuni la risposta è sì. Ammettendo che l’ipotesi sia sensata, e che quindi i cittadini europei stiano semplicemente tornando ai nazionalismi o a una semplice voglia di sovranità, allora occorre chiedersi perché siamo arrivati fino a qui. Perché, in altre parole, l’Europa è nata?
A me piacciono molto le coincidenze, e ne ho colta una di recente, che uso in modo pretestuoso: il 23 giugno 1940 la Francia si svegliò e vide il sole sotto la Germania nazista.
C’è un’altra coincidenza che si potrebbe tirare in ballo in maniera simbolica: il 23 giugno nel 1915 le truppe dell’Austria Ungheria e del Regno d’Italia si sfidano nella Prima battaglia dell’Isonzo. Per puro caso, quindi, la data del referendum coincide con due fatti della storia di questo continente incastrati in un destino indelebile e terribile. A volte mi viene da pensare che la pace ed il benessere intorpidiscano l’anima e la memoria, un po’ come quando la nostra vita scorre tranquilla e, per un motivo incomprensibile, problemi tutto sommato superficiali diventano per noi insormontabili. Oggi per noi questioni come l’immigrazione, il welfare, la politica monetaria, divengono insostenibili, urgenti – e forse lo sono – cancellando il ricordo dei loro antenati diretti, ovvero le gravi complicazioni che generazioni passate dell’Europa hanno vissuto: uno di questi è il fatto che due guerre mondiali abbiano cancellato la vita di circa 79 milioni di europei in dieci anni. Un numero inimmaginabile di persone scomparse: amicizie, amori, parenti, abitudini, gusti, desideri, aspirazioni, vizi, tutto volatilizzato nel nulla.
Se si riflette sulla storia europea con un margine temporale più ampio, ci si ricorda di quanto in realtà il tempo abbia visto su questo territorio un susseguirsi infinito di guerre fratricide ed episodi sconvolgenti, dalla guerre napoleoniche alla guerra dei cent’anni, dalla peste nera del 1348 alle migrazioni italiane che solo tra il 1860 e il 1885 videro un numero di partenze pari a 10 milioni di persone. Cito episodi casuali, entrati nell‘immaginario collettivo in maniera quasi fiabesca, ma di fronte ai quali i problemi attuali dell’Unione Europea impallidiscono e che ridimensionano il senso di quelle che noi oggi consideriamo grandi e pericolose minacce per il continente.
Un esempio? La seconda guerra mondiale ha prodotto in Europa la migrazione di 15 milioni di persone, la guerra in Siria 4,2. In realtà tutto questo, le fiabe delle guerre e della peste medievale, lontani nel tempo ed ormai innocui, i conflitti e le carestie, hanno unito tutti gli uomini e le donne europee in un unico destino, così come le grandi conquiste in fatto di diritti umani, democrazia e scienza, solo per citare alcune direzioni. Quando ci si chiede che senso abbia restare uniti, bisognerebbe chiedersi da cosa è nata l’Europa, ogni volta, e perché vale la pena difenderla e continuare a costruirla. La pace, la ricchezza, il benessere, la salute, il lavoro, i diritti umani, non sono negoziabili e sono profondamente legati all’esistenza dell’Unione. Senza di questa e con l’innalzamento di muri e confini, tutto è rimesso in discussione.
Difendere e l’Europa vuol dire semplicemente costruire un mondo migliore. Sembra una frase banale, ma forse dovremmo imparare ad affacciarci con gli occhi dei fortunati fuori dai confini del continente e scoprire come eravamo, cosa accade e quanto il destino umano sia comune e a volte pericoloso. Del resto c’è di mezzo un Nobel, quello per la pace conferito proprio all’Unione Europea nel 2012, e la frase che ben ne sintetizza la storia ed il senso: “Per aver contribuito per oltre sei decenni all’avanzamento della pace e della riconciliazione, della democrazia e dei diritti umani in Europa”. E spero nel mondo, aggiungerei.