Venti righe. Un incipit, alcune puntate, molti autori e delle storie. Si potrebbe riassumere così il fortunato progetto multimediale creato da una start up di 4 giovani italiani che spopola su internet da qualche mese.

20 lines è una piattaforma di scrittura collettiva, “social publishing” per essere più precisi, capace di attirare lettori, sognatori e scrittori, ma soprattutto gente comune. Il funzionamento è molto semplice. Ogni utente può scrivere un incipit di una storia, aggiungere dei tasselli a puntate e (udite, udite!) continuare gli incipit o le storie di altri utenti sconosciuti. Il risultato è un incrocio di storie parallele, che si auto generano, dove la fantasia e la creatività sono gli ingredienti principali e un requisito implicito. Le storie sono brevi, un massimo di 6 sezioni, ma ogni tassello può essere replicato e indirizzato verso altre trame e altri orizzonti da chiunque voglia cimentarsi. Un buon inizio dunque avrà tante visioni e infinite trame. Unica regola da rispettare? Venti righe. Stendhal in una famosa massima ispiratrice per i fondatori avrebbe detto “Vingt lignes par jour, génie ou pas?.

Trame anarchiche? Potrebbe essere, ma l’esperimento è piaciuto, tanto da attirare un professionista del mestiere del calibro di Giorgio Faletti. “Ogni luna ha due facce” è l’ermetico titolo del suo incipit che potrà essere sviluppato e arricchito da qualsiasi utente in vista di una pubblicazione in ebook della trama più apprezzata dagli utenti.

E le novità non finiscono qui perché 20lines permette di sfruttare tutte le possibilità del social e del “2.0”. Così i racconti si caricano di contenuti multimediali e una parola, oltre al grande immaginario del suo significato, può essere associata ad un contenuto multimediale del web, come un’immagine, un link e persino un video. All’interno di questo mondo virtuale il lettore/autore si perderà nei meandri delle storie, degli intrecci e delle trame in un mondo di gente comune dove non mancano già delle nuove autorità riconosciute e apprezzate dalla community. Si, perché anche 20lines ha i suoi “bestseller”: Da “A million dead-end street” di Daniel Cundari a “Sparire” di Fabio Viola, da “A Chloe, per le ragioni sbagliate” di Claudia Durastanti a “Il canto dell’Anatroccolo” di Viviana Viviani.

Partecipazione e condivisione sono le parole chiave di un esperimento che si propone come soluzione alla crisi e la staticità dell’editoria moderna e perché no, come veicolo di disintermediazione tra nuovi talenti della narrativa e l’accesso al pubblico delle piccole o grandi occasioni. Nell’intento del progetto c’è infatti l’idea di commercializzare (“auto commercializzarsi”) con degli ebook quei racconti che avranno maggiore successo presso la community. Il primo è disponibile gratuitamente e si intitola “365 giorni in 365 storie.”

Non si sa se i giovanissimi fondatori, Alessandro Biggi, Pietro Pollichieni, Marco Pugliese, Francesco Scalambrino, tutti tra i 24 e i 26 anni, siano in un qualche modo stati influenzati dalla lezione di Italo Calvino e del su “Castello dei Destini Incrociati”, ma sicuramente sono stati in grado di recepire la nuova sfida dell’editoria digitale: partecipazione dal basso, diffusione digitale, condivisione social e un nuovo modello di commercializzazione. Nel mese di giugno, al compimento del primo anno, 20 lines è riuscita infatti a raccogliere ben 250 mila euro tramite la piattaforma United Ventures che, secondo quanto dichiarato dal 26enne Biggi, saranno utilizzati per migliorare il prodotto e internazionalizzarlo nella speranza di allargare quanto prima l’utenza alla lingua inglese. Intanto il prodotto, per gli avventori del web che volessero cimentarsi, è disponibile nella nostra lingua italiana e rappresenta un puntello delle nuove frontiere del digitale rigorosamente “made in italo”.

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