È stata inaugurata venerdì 23 marzo a Vienna la mostra della fotografa Melissa Peritore, dal titolo The Denial of Coevalness, curata da Studio12 ed Helena Lang: una trasposizione in immagini della via crucis che prende le basi dalla teoria dell’allocronismo di Fabian per raccontarci un momento cardine della tradizione cattolica. Ma, come al solito, andiamo per ordine e scopriamo di più sull’artista e sulla mostra.

Innanzitutto: chi è Melissa? come si avvicina alla fotografia?

È mio zio, “il fotografo di famiglia”, che mi ha trasmesso la passione per la fotografia ed è sua la macchina fotografica – una Canon AE-1 degli anni ’70 – con la quale ho iniziato a scattare le mie prime foto durante l’adolescenza. Da lì, la fotografia non mi ha più abbandonato.

Italia, Austria e Filippine, queste ultime che ricorrono soprattutto nelle tue foto attraverso un susseguirsi di volti e immagini street. Come si compone il racconto di Melissa? Analogico o digitale? cosa scegli per catturare le immagini di questo racconto?

Ho iniziato a scattare su pellicola per poi passare al digitale, ma da qualche mese alterno analogico e digitale. Le mie foto ritraggono quei soggetti, incontrati la maggior parte delle volte per caso, che attirano la mia attenzione, per un qualsiasi motivo: gestualità, espressioni, luce particolare sui loro volti…

Veniamo alla mostra. A breve sarà Pasqua e la tua mostra parla proprio di queste crocifissioni. Dalle nostre parti sono molti i riti pasquali e spesso a tema via crucis ma, per chi non sapesse di cosa stiamo parlando, vuoi raccontarci in cosa consiste questo rito filippino?

Ogni anno, nella città di Kapitangan, appena fuori Metro Manila, va in scena il Senakulo, ovvero la rievocazione storica della Passione di Gesù Cristo, dove vengono rappresentati i momenti salienti della Passione e della Morte di Cristo. Questa celebrazione è molto famosa in tutto il mondo in quanto molti dei penitenti si flagellano, mentre altri decidono addirittura di farsi  crocifiggere. Lo fanno in espiazione dei loro peccati o come atto sacrificale di ringraziamento per i favori concessi.

Nella descrizione anticipavamo un accenno a Fabian ed ai suoi studi nel Kenya. Nel presentare questi scatti tu parli di una visione euro-centrica. Allo stesso modo metti a confronto qui l’allocronismo, il perpetuarsi di un rito “ancestrale” affiancato a contesti che connotano il presente. Come nasce questa metafora? Perchè hai voluto sottolineare questa pratica, passami la parola, folkloristica? Credi che questo setting che ha portato a riti analoghi ma allo stesso tempo così distanti, possa essere una chiave di lettura più ampia per guardare altri aspetti delle due culture?

Secondo la teoria dell’antropologo Johannes Fabian della “negazione di coevità”, si tende a non considerare culture diverse dalla nostra appartenenti al presente, attribuendo loro una diversa temporalità, spesso “arretrata” e “primitiva”. Credo sia fondamentale non considerare altre culture e tradizioni con superiorità.

Leggevo di una lunga permanenza nelle Filippine… e vorrei chiederti: hai lavorato ad altri progetti durante questo periodo?

La mia permanenza nelle Filippine è stata una continua fonte di ispirazione per la mia fotografia. Adorando la street photography, e abitando nel quartiere a luci rosse di una megalopoli come Metro Manila, anche solo uscire di casa per comprare le sigarette mi regalava situazioni perfette da poter immortalare con la macchina fotografica. Mi sono ritrovata con un archivio molto ampio di fotografie street, ed è da un po’ che ho in mente un libro fotografico sulle Filippine…

Facendo un salto di molti chilometri, attualmente risiedi in Austria. Come ti sei trovata da quelle parti?

Durante la prima ondata della Pandemia mi trovavo a Manila, ci sono rimasta per molti mesi a seguire, ma poi ho deciso di rientrare in Europa per essere più vicina alla mia famiglia. Ho avuto anche la fortuna di iniziare una collaborazione con Lomography, con la quale lavoro ora. La sede principale si trova a Vienna, quindi eccomi qui!

Attualmente lavori nel campo della fotografia e in particolare di quella analogica. Credi che questo ritorno all’analogico sia una parentesi temporanea o è un modo di scattare che si è ritagliato una sua nicchia nella galassia fotografica? In particolar modo ci tenevo a chiederti: da un lato abbiamo un ritorno alla pellicola, dall’altro estremo abbiamo la produzione di immagini realizzate con supporti come smartphone, a volte più potenti di macchine adatte. Secondo te quale potrebbe essere una evoluzione per il mondo della fotografia?

Credo ci sia un forte ritorno alla fotografia su pellicola, anche molti giovani fotografi nati nell’era digitale stanno optando per il mezzo analogico e credo sia una cosa fantastica. Per il futuro della fotografia vedo un’alternarsi di analogico e digitale, sia per professionisti che amatori.

Il processo di fotografare in analogico regala sicuramente sensazioni che una fotocamera digitale non potrà mai dare: anche solo l’attesa dello sviluppo di una pellicola oppure stampare da se una fotografia in camera oscura e vedere apparire l’immagine sulla carta lentamente davanti ai tuoi occhi crea uno stato d’animo che non si può spiegare.

Credi che attualmente si possa parlare di “scena fotografica”? Fai parte di qualche scena? C’è qualche realtà che segui con attenzione?

Seguo molti fotografi filippini: Hannah Reyes Morales, Noel Celis, Veejay Villafranca, per citarne solo alcuni; fotografi documentaristici da tutto il mondo e realtà italiane come Contrasto e Perimetro sono per me un punto di riferimento.

A questo giro non voglio farti domande sulla situazione che stiamo affrontando e sperare in una ventata di buone notizie, quindi vorrei chiederti: stai già lavorando a qualche nuovo progetto? Come stai affrontando questo periodo di “pausa” forzata?

Questo periodo di “pausa” forzata mi ha fatto riflettere molto e mi ha portato alla decisione di lasciare un lavoro ben pagato, ma del quale non mi importava nulla, aprendomi poi le porte per riprendere a lavorare nel mondo della fotografia, la mia più grande passione insieme alla musica. Rispolverare vecchie foto, a cui non davo molto valore, e mostrarle ad amici artisti mi ha portato a questa mostra fotografica. Consiglio a tutti di sfruttare questo momento per riprendere in mano la propria vita e vivere delle proprie passioni.

The Denial of Coevalness, a cura di STUDIO12 ed Helena Lang, sarà in mostra a Vienna sino al 22 Aprile 2021.

 

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