Con i tempi che corrono, probabilmente, “ministri” è una parola che non riscuote molta simpatia.
Vi si associa inevitabilmente il ruolo politico che essi ricoprono, la loro intrinseca distanza dal “paese reale”, la loro promessa di lavorare per il bene comune e l’impressione che invece non se ne occupino affatto. Come ogni figura istituzionale, tendiamo a considerarli per definizione astratti e lontani.
Ma non è di loro che vi vogliamo parlare.
Perché i Ministri di cui parliamo qui ci rappresentano davvero, danno voce alla nostra voce.
Espressione del più genuino rock italiano contemporaneo, il gruppo nasce nel 2005 e ha all’attivo quattro album, l’ultimo dei quali, “Per un passato migliore” (tredici tracce, pubblicato da Godzillamarket in licenza per Warner Music), è uscito pochi giorni fa, il 12 marzo 2013.
La band ha appena iniziato il tour promozionale in giro per l’Italia, ed è passata da Firenze, calcando il palco dell’Auditorium Flog, sabato 16 marzo (potete trovare le date del tour sul loro sito ufficiale).
Davide Autelitano (voce e basso), Federico Dragogna (chitarra e seconda voce) e Michele Esposito (batteria) vengono da Milano, indossano giacche di stile napoleonico (loro originale biglietto da visita) e hanno molte cose da dire.
La loro è una musica di denuncia e di illuminazione, di ribellione e sdegno vomitati fuori a squarciagola, ma al tempo stesso di disperata esortazione a non demordere. Gettare impietosamente luce sulle rovine di un paese e della sua gente è il loro Ministri: Per un passato Migliore, copertina albummodo per dirci “questi siamo noi: rialziamoci, ricostruiamo e ricostruiamoci, insieme”.
Niente di meglio del primo singolo estratto, “Comunque”, per descrivere quest’idea: “[…] E dai la colpa a tutti, anche a te stesso, come se fossi il primo a galleggiare, ma non c’è nulla che io possa fare, se non svegliarmi e ripetermi che la tua casa non vale niente, il tuo orologio non vale niente, il tuo vestito non vale niente, questa chitarra non vale niente, il tuo contratto non vale niente, la tua esperienza non vale niente, il tuo voto non vale niente, tanto vale provarci comunque”.
I testi lasciano ampio spazio al cinismo, ma non sfociano mai nell’inerzia, anzi, stimolano la presa di coscienza, la reazione, l’azione. Il malessere sociale e personale di cui i Ministri si fanno testimoni è urlato nel microfono dal timbro graffiato della voce di Davide, e sottolineato, nella sua urgenza di diffondersi e scuotere gli animi, dal ritmo vigoroso della batteria. Ma le canzoni presentano spesso anche toni più melodici, più pacati (“La pista anarchica”, “Se si prendono te”, “I tuoi weekend mi distruggono”, “Una palude”).
Ricetta che vince non si cambia: la potenza live è assicurata (e ad ogni live si assiste immancabilmente allo stage diving di Davide: “E adesso vengo a farmi un giretto su di voi”).
Ciò che abbiamo avuto modo di notare, ascoltandoli sabato scorso alla Flog (sito), è che il loro pubblico è prevalentemente giovane, per ovvie ragioni di vicinanza anagrafica. Ma certamente anche perchè le nuove generazioni sono le più ricettive del messaggio di resistenza alla base del progetto musicale dei Ministri. Perchè i giovani sono coloro che hanno ricevuto dal passato, un passato certamente migliore del futuro cui andranno incontro, l’eredità catastrofica di un paese atrofizzato e stanco, ma sono anche i più disposti ad investire coraggio ed energie per risollevarlo. Citando il testo di “Spingere”, uno dei fiori all’occhiello dell’album: “E chilometri e chilometri di scogliere e di discariche, di balconi affacciati sui binari e sugli svincoli, non chiediamo altro al mondo che distruggerci e poi salvarci, prima che sia troppo tardi per i farmaci e per le plastiche, questa voglia di superarsi e di spingere e di spingere”. Ciò che ci auguriamo è che le loro canzoni trovino eco crescente anche tra le generazioni più “attempate”, quelle che, per intendersi, hanno vissuto il boom economico, hanno un lavoro, la pensione assicurata: “Voi che avete visto la verità e non riuscite più a raccontarcela, e siete tristi come la Svizzera, siete pesanti come la domenica” (“Se si prendono te”). Sarebbe utile far capire loro il senso di sbandamento dei loro figli che “è come sabbia in fondo alla gola e più giù, è lì da anni e sarà sempre di più” (da “I tuoi weekend mi distruggono”).
La tragedia del lavoro che non c’è, il merito mai premiato, l’avidità della classe politica, la mancanza di prospettive (“Tanto più in là non riesco a guardare, il mio infinito è diviso in settimane”, da “Mille settimane”), il senso di impotenza (“Ci siamo accontentati di un’indole che ci divora, di giornate senza storia preda delle nostre abitudini”, da “Caso umano”), le conseguenze che tutto questo ha sulle persone, sui loro sogni, sui loro legami e sul loro equilibrio emotivo (“Quanto ancora mi rimane per chiamarti e fare finta di aver trovato un senso”, da “Stare dove sono”) sono al centro dell’affresco musicale dei Ministri, del loro originale Verismo contemporaneo.
Siamo di fronte ad efficacissimi interpreti e comunicatori della crisi morale e materiale che affligge l’Italia di oggi: i Ministri riescono a recepire le voci più disparate di insoddisfazione e disagio, a farsene carico e ad assemblarle in prodotti musicali egregi.
Ci dicono che arrendersi è la cosa più facile da fare, ma insieme vale la pena di reagire: “Io faccio colore come i panni stesi e valgo come quelli che si sono arresi, ma i giorni che restano dobbiamo contarli insieme” (“I giorni che restano”).

Per ulteriori informazioni: Facebook

MINISTRI COMUNQUE from Sterven pictures on Vimeo.

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