Università e Libertà”. Questo era il titolo del discorso con il quale Ivano Dionigi ha inaugurato mercoledì 30 ottobre il 926° anno accademico dell’Ateneo bolognese. “Se dovessi indicare un luogo – ha detto il Rettore – un’istituzione, una comunità che è terreno di elezione dove tutte le forme di libertà sono state coltivate e dove oggi si insegnano e si apprendono, quel luogo è senza dubbio l’Università”. Lo spunto per tale riflessione però riguardava un evento ben più importante: la consegna della laurea ad honorem in Filosofia ad Aung San Suu Kyi, la leader dell’opposizione birmana, che da anni si batte per la reintroduzione della democrazia nel proprio paese.

Daw Suu, la “Signora” Suu, come la chiamano affettuosamente i suoi sostenitori, 68 anni, è la speranza di un futuro migliore per un paese bellissimo ma oppresso da uno dei regimi dittatoriali più chiusi e brutali del mondo. Figlia Aung San, uno dei fautori dell’indipendenza della Birmania e di Khin Kyi, ambasciatrice a New Delhi ed uno dei personaggi politici più importanti della Birmania post-coloniale, la signora Suu ha studiato in India, dove ha appreso la dottrina della non-violenza di Gandhi, ed a Oxford, dove si è laureata in Scienze Politiche e Filosofia. Tornata nel suo paese nel 1988 in occasione delle rivolte contro il regime, in breve tempo Daw Suu è diventata l’icona dell’opposizione democratica, della movimento della non-violenza, immortalata con i suoi capelli corvini raccolti -come tradizione delle donne birmane- con un fiore di gelsomino, il suo preferito.

La sua consacrazione è avvenuta il 26 agosto del 1988, quando tenne un discorso di fronte ad un milione di persone a Rangoon. Le sue parole rimasero celeberrime: “Non è il potere che corrompe, ma la paura. La paura di perdere il potere corrompe chi lo detiene e la paura del flagello del potere corrompe coloro che sono ad esso soggetti”. Il giorno dopo Daw Suu fondò la Lega Nazionale per la Democrazia. Nel 1990 il suo partito vinse le elezioni generali, ma la giunta militare invalidò il risultato e costrinse la leader democratica agli arresti domiciliari. Poco dopo le fu assegnato dal Parlamento Europeo il Premio Sakharov per la libertà di pensiero e l’anno dopo vinse il Premio Nobel per la Pace. I soldi di quest’ultimo, 1,3 milioni di dollari, furono donati in beneficenza. L’opposizione di Aung San Suu Kyi al regime si era infatti tradotta nei termini della non violenza e della disobbedienza civile, originata dalla dottrina del Mahatma Gandhi, ma soprattutto influenzata dal buddismo theravāda, la religione della maggioranza del popolo birmano.

Nel 1995 Daw Suu fu rilasciata dagli arresti domiciliari, ma solo per 5 anni. Dal 2000 il regime la rinchiuse nuovamente nella sua casa, isolata dal mondo, visitata solo da due persone alla settimana, dimenticata dai mass media e l’opinione pubblica internazionale. Tuttavia, le proteste anti-governative guidate dai monaci buddisti e scoppiate nel settembre 2007, la cosiddetta “Rivoluzione Zafferano”, insieme ai cambiamenti dello scenario internazionale, riportarono la Birmania sotto l’attenzione dell’opinione pubblica mondiale.

Nel novembre 2010, dopo 15 anni di arresti domiciliari, Aung San Suu Kyi è stata liberata. Da allora una crescente esposizione mediatica a livello internazionale ha portato la pasionaria ad incontrare l’allora Segretario di Stato degli USA, Hillary Clinton, e nel 2012 il Presidente Obama. Infine, lo scorso giugno, Daw Suu si è candidata alle elezioni presidenziali del 2015, che, salvo esiti tragici in stile Benazir Bhutto, dovrebbe vincere.

Da quando è stata liberata, Aung San Suu Kyi si è recata in Europa più volte: il primo storico tour avvenne nell’estate del 2012, quando si recò ad Oslo a ritirare il Nobel per la Pace, visitando vari paesi tra cui Francia e Gran Bretagna. In previsione delle elezioni presidenziali inoltre Daw Suu ha anche visitato alcuni paesi dell’Est Europa, focalizzandosi sugli aspetti di transizione democratica vissuti da quelle nazioni dopo la caduta del Muro e dei regimi comunisti. Infine, la leader birmana è tornata nel Vecchio Continente per ritirare al Parlamento Europeo il Premio Sakharov, e per l’occasione, si è recata per la prima volta anche in Italia, dove ha incontrato il Presidente della Repubblica Napolitano, il premier Letta ed il ministro degli Esteri Bonino. Infine ha ricevuto la cittadinanza onoraria di Roma e Bologna. Daw Suu ne ha quindi approfittato per ritirare la laurea ad honorem che l’Alma Mater Studiorum gli aveva conferito nel 2000.

Nell’aula magna, gremita, dell’Università più antica del mondo, Aung San Suu Kyi ha detto: “Il futuro del mondo è nelle mani delle giovani generazioni. Chiedo loro di creare un mondo nuovo, un mondo diverso, in cui gli altri diventano importanti quanto noi stessi, se non di più. Ci deve essere una vera e propria rivoluzione dello spirito: mettere gli altri davanti a noi, prima di noi. Rispettiamo le vite degli altri, perché rispettando le vite altrui noi rispettiamo la nostra vita.”

Daw Suu rimane indubbiamente un’icona mondiale della lotta per i diritti umani e la democrazia non imposta, una donna coraggiosa che si batte per la libertà dalla paura e l’oppressione, uno dei pochissimi personaggi di rilievo internazionale a non essere stato ancora corrotto dalla paura. Lei è un esempio, di come, sebbene a prezzi altissimi, l’autoritarismo possa essere scalfito e logorato con la forza del coraggio, la disobbedienza civile, la non violenza. Per questo la laurea ad Aung San Suu Kyi è importante, perché questa donna resta uno dei pochi esempi di persone e popoli che considerano ancora la libertà ed il rispetto come principi ispiratori della propria vita. E ce lo ricorda costantemente.

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