Forse le adorerete e forse non vi piaceranno nemmeno un po’, ma in ogni caso dovrete riconoscere loro un pregio di non poco conto: le Warpaint sono uniche. Le chitarre liquide e sfuggenti, le linee di basso monolitiche, l’intreccio stordente delle voci: il suono delle Warpaint è un mood caratteristico e immediatamente riconoscibile, non ci si può sbagliare. A giudicare dalla quantità di notizie sul web che le riguardano si direbbe siano abbastanza conosciute, perlomeno negli Stati Uniti; in Italia invece non ho mai incontrato nessuno che le conoscesse, neanche per sentito dire, e io stesso le ho scoperte per caso girovagando su YouTube, qualche anno fa.
La band nasce a Los Angeles nel 2004: le fondatrici sono Jenny Lee Lindberg (basso e voce), Theresa Wayman e Emily Kokal (chitarre e voce). Alla batteria c’è l’attrice Shannyn Sossamon, sorella maggiore della Lindberg, che resterà in formazione per quattro anni e poi deciderà di dedicarsi solo alla recitazione. Il quartetto inizia a farsi notare nella scena cittadina grazie alle esibizioni dal vivo e dopo qualche anno di gavetta esordisce con l’EP Exquisite Corpse (Manimal Vinyl, 2008). Le tracce sono mixate da John Frusciante, al tempo legato sentimentalmente a Emily Kokal. Il due volte ex chitarrista dei Red Hot Chili Peppers partecipa anche come musicista aggiunto insieme a Josh Klinghoffer, suo sostituto proprio nei RHCP.
In una scaletta di sei brani le Warpaint mostrano subito di avere le idee chiare e realizzano un piccolo manifesto artistico che contiene i tratti fondamentali della loro musica: atmosfere dense e oniriche (Stars, Burgundy, la struggente Billie Holiday) alternate a vere e proprie tempeste elettriche dilatate, che da subito si rivelano il loro marchio di fabbrica (Elephants, Beetles). L’EP ottiene buoni riscontri di critica e di pubblico nel circuito musicale losangelino, guadagnando la prima posizione nella classifica di Amoeba Music (la più importante catena di negozi di musica indipendente della California). La band viene messa sotto contratto dalla storica Rough Trade Records (etichetta londinese dedita soprattutto al post punk e al pop alternativo che ha collaborato con artisti come Arcade Fire, The Strokes, Emiliana Torrini): il momento di dare alle stampe un vero e proprio album è vicino.
Nel 2009, dopo l’abbandono di Shannyn Sossamon e l’avvicendarsi di vari sessionmen alla batteria, le Warpaint trovano il quarto componente definitivo: Stella Mozgawa, talentuosa musicista australiana conosciuta grazie al comune amico Flea e intenzionata a smettere la carriera di turnista per accasarsi con una band. La scelta si rivelerà più che azzeccata: la Mozgawa, oltre ad essere una batterista preparata e fantasiosa, ha anche buone doti vocali e partecipa attivamente alla scrittura dei nuovi brani. Se finora erano cresciute sotto l’ala protettrice di Frusciante e Klinghoffer, ora le Warpaint hanno trovato il tassello mancante e possono proseguire autonomamente, con quattro compositrici e quattro voci a disposizione per costruire le loro vertiginose melodie.
Le Rough Trade Sessions registrate poco dopo l’arrivo di Mozgawa, testimoniano che la dimensione live è quella che esalta maggiormente il potenziale del gruppo. A impressionare, più che le (comunque notevoli) capacità delle singole musiciste, è la loro intesa profonda, la capacità di suonare all’unisono, quasi come se fossero una persona sola: un affiatamento da cui scaturisce una musica intensa e magnetica. La nuova batterista si integra alla perfezione con le tre componenti storiche, e la chimica nata tra lei e Lindberg è la spina dorsale della musica delle Warpaint: una sezione ritmica densa e incessante su cui Kokal e Wayman possono inventare liberamente sfumature e contrappunti sempre nuovi, sia con le voci che con le chitarre.
The Fool esce nel 2010 e non delude le attese: anche sulla lunga distanza il Warpaint sound funziona e lascia il segno. Anziché cedere a facili tentazioni da classifica, le quattro esplorano tutti i colori del loro immaginario e tengono il minutaggio alto (cinque minuti per traccia, in media), in un’atmosfera ancora più rarefatta rispetto all’esordio; le parti di chitarra solista sono pressoché inesistenti e le canzoni si distaccano spesso dallo schema strofa / ritornello. Su nove brani, a spiccare è soprattutto Shadows, ballata sghemba e mutevole affidata alla voce austera di Theresa Wayman.
Negli anni successivi le Warpaint cominciano una intensa attività live anche fuori dagli Stati Uniti e dimostrano di fare sul serio: calcano con disinvoltura i palchi dei grandi festival e con altrettanta naturalezza passano alla strumentazione acustica, rileggendo i propri brani in una veste disadorna: l’esibizione del 2014 negli studi della KEXP fornisce un saggio del loro talento alle prese con suoni scarni ed essenziali (da segnalare la performance di Mozgawa, tessitrice di ritmiche solide e avvolgenti con una batteria di secchi di plastica).
Anche i due album successivi, Warpaint (2014) e Heads Up (2016), sono pubblicati dalla Rough Trade, e mostrano una band in salute e in costante crescita. Warpaint è forte di una produzione eccelsa ad opera di Flood, demiurgo del suono di artisti del calibro di PJ Harvey, Nick Cave, Depeche Mode, Nine Inch Nails (il missaggio di due tracce è stato affidato allo storico produttore dei Radiohead Nigel Godrich). Il suono è definito e corposo, gli intrecci vocali sempre vari e ricercati, e si consolida l’attitudine del gruppo a scrivere brani in cui la melodia varia spesso, trovando di volta in volta nuovi percorsi sul tappeto di note pulsanti prodotto da Lindberg e Mozgawa. Disco/Very è l’esperimento più riuscito in questo senso: in quattro minuti, a fronte di pochissime variazioni di accordi, la linea vocale è in continua evoluzione, come se cercasse una forma definitiva che non arriva mai; anche il ruolo di voce solista passa da una musicista all’altra, come un liquido dentro vasi comunicanti.
Dopo l’uscita del self titled e il conseguente tour, le Warpaint si concedono una breve pausa, durante la quale ciascuna di loro può dedicare tempo ai propri progetti solisti: in particolare, è interessante l’album della Lindberg Right On! (Rough Trade, 2015), le cui sonorità sono fortemente influenzate dalla darkwave dei primi anni ottanta (New Order, Public Image Ltd. e Bauhaus sono per esplicita ammissione tra le sue band preferite).
Heads Up, ultimo LP pubblicato sinora, è un’ulteriore conferma per una band che non accenna a rallentare né ad accomodarsi su sentieri già battuti: la varietà tra un brano e l’altra aumenta ulteriormente e audaci incursioni nel funky, nel trip-hop e nella disco si alternano alle composizioni più classicamente psichedeliche e radioheadiane (So Good e New Song sono i migliori esempi di questa nuova vena dancefloor); la strumentazione elettrica viene sempre più spesso affiancata ai synth e alle percussioni elettroniche. Il risultato è una lunga ipnosi sonora, smarrimento completo, un sottile senso di oblio di sé che resta addosso anche dopo la fine del disco.
Dopo dieci anni di instancabile evoluzione, le Warpaint sembrano pronte per un ulteriore salto di qualità, all’insegna della sperimentazione e di uno spirito di squadra fortissimo, che moltiplica le qualità individuali delle quattro. Nella sezione commenti di un loro videoclip, un utente di Youtube ha forse trovato la descrizione più efficace e concisa possibile per la loro musica e il loro canto inconfondibile: “dopo averle viste dal vivo posso confermarlo: sono le Sirene dell’Odissea”.
Le Warpaint suoneranno il 13 luglio al Carroponte (Sesto San Giovanni), unica data italiana del loro tour.