La Legge di Bilancio 2025 ha cercato in ogni modo di introdurre ammortizzatori sociali e sostegni alle famiglie.
Particolare attenzione è stata data a chi ha perso un lavoro e ha una famiglia a carico. Anche se ci sono dei paletti che potrebbero diventare ostacoli difficili da superare per alcuni. Specie per i più ‘furbi’.

Tra le misure di maggior rilievo c’è l’introduzione di un vincolo per accedere alla NASPI, la principale prestazione erogata dall’INPS in caso di perdita involontaria del lavoro. Un assegno di disoccupazione, insomma. A partire dal 1° gennaio 2025 è entrata in vigore una condizione che potrebbe rendere più stringente il diritto alla Naspi. E non è casuale, perché l’obiettivo è quello di rafforzare i controlli e prevenire abusi nel ricorso allo strumento, a fronte di una casistica INPS crescente di dimissioni volontarie seguite da brevi rapporti di lavoro terminati con licenziamento, un escamotage che veniva utilizzato in modo illegale per accedere alla Naspi.
Per poter presentare domanda di NASPI, i requisiti sono i seguenti: stato di disoccupazione involontaria, dunque derivante da licenziamento, cessazione del contratto a termine o dimissioni per giusta causa ma anche contribuzione minima di 13 settimane nei quattro anni precedenti l’inizio della disoccupazione;
svolgimento di almeno 30 giornate di lavoro effettivo e non solo contributivo nei 12 mesi prima della perdita del posto. Questi criteri restano validi come quadro di riferimento generale. Ma ora c’è una nuova norma.
Naspi: come non perderla per una sciocchezza, è lotta ai ‘furbetti’
La novità principale introdotta dalla Legge di Bilancio 2025 riguarda situazioni in cui il lavoratore abbia lasciato l’impiego e, entro un anno, venga assunto da un secondo datore di lavoro per poi essere nuovamente licenziato.

In questo (strano) caso, se tra l’assunzione e il licenziamento non sono maturate almeno 13 settimane di contribuzione presso il secondo datore, il lavoratore non potrà accedere alla NASPI.
Dunque un cambiamento che non modifica i requisiti ma li ricalcola in base alla sequenza temporale e causale dei rapporti lavorativi. È quindi possibile trovarsi formalmente in possesso dei tre requisiti classici, ma risultare comunque esclusi dalla prestazione se il secondo impiego non raggiunge il limite contributivo imposto dalla nuova norma. Questo è il pericolo.
L’Esecutivo ha motivato l’intervento con l’intento di contrastare pratiche elusive, frutto di accordi non sempre trasparenti tra lavoratori e imprese. L’INPS ha segnalato un incremento anomalo di cessazioni su iniziativa del dipendente, seguite da nuove assunzioni brevi, terminate con un licenziamento. Ecco il perché della nuova normativa.