Alcuni eventi naturali sconvolgenti oltre a destarci dal torpore dell’abitudine possono aprire riflessioni più ampie. In primis mettono continuamente in discussione l’idea della natura fossilizzatasi nel nostro immaginario. Esiste un’ampia gamma di opere cinematografiche che hanno come tema la catastrofe naturale, che colpiscono l’emotività degli spettatori, ma sostanzialmente la nostra idea della natura resta pressochè immutata: per ragioni che vengono da lontano, dalla formazione della nostra cultura, alla natura noi associamo un’aura sacrale, di perfezione e di bellezza, di entità non profanabile, davanti alla quale prostrarsi, sacra nel suo tutto, nella sua grandezza. È un’immagine romantica, che guida la nostra visione anche in questioni meno palesemente collegate a questo tema, ma che mantengono con questo un filo conduttore, come nel caso della bioetica. Aborto, embrioni, organismi geneticamente modificati, eutanasia, cosa hanno a che vedere con i terremoti, i maremoti, i vulcani, le tempeste? Sono semplicemente due lati di uno stesso problema: il rapporto dell’uomo con la natura. Se si parte dal presupposto che la natura nella sua indifferenza contiene meccanismi, produce fenomeni, genera condizioni che possono essere anche nocive per la vita, e se a questo si aggiunge che l’idea della perfezione della natura non è nient’altro che un mito, l’idea romantica viene meno. In natura si è generata la vita, e solo in essa può esistere, ma al suo interno esistono molteplici forze, anche radicalmente contrapposte alla vita. La natura è anche malattia, catastrofe, tossicità, estinzione, morte. Davanti a questo, l’unica arma che l’uomo possiede è la scienza, che non è altro che l’ultima conseguenza di ciò che è prima di tutto un istinto: la sopravvivenza. Questo è poi progredito sul raffinarsi della ragione e della tecnica. Produrre un antibiotico e imparare a coltivare nel deserto non sono altro che la stessa operazione compiuta potenzialmente in due momenti differenti. L’uomo ha compreso molte delle leggi che regolano il mondo, ha imparato a riprodurle e a modificarle, è questo che probabilmente gli ha permesso di continuare a esistere, o perlomeno di tentare di sottrarsi a determinate leggi tiranniche. Ogni atteggiamento di conservazione dello stato di cose, che bolla come eretico ogni tentativo umano di modificare e correggere ciò che in natura rappresenta un ostacolo per l’esistenza, che vorrebbe l’uomo sottomesso a un destino immutabile e indiscutibile, da qualsiasi parte provenga questa idea, che sia una religione o una scuola filosofica, non rappresenta altro che culto della morte.

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