Il TFR potrebbe non restare più nelle mani dei lavoratori; si valuta di usarlo come rendita per le pensioni.
Sembrava un meccanismo perfetto, quello creato anni fa; la riforma Fornero e la legge Dini parevano aver trovato un equilibrio tra le esigenze dei lavoratori e l’economia del Paese. Eppure gli anni passano, e anche il resto. La situazione economica è mutata, e con essa la popolazione. Non si fanno più figli, si potrebbe dire, ma la verità è che anche quelli che sono già grandi non lavorano; e spesso la colpa non è nemmeno loro.
Una serie di questioni aperte, queste, che ricadono inevitabilmente sul pensionato. O meglio, su chi in pensione ci vorrebbe andare. Da qui la nascita – anzi, la mutazione – delle varie formule anticipate che oggi prendono nomi come Quota 103 e Opzione Donna. Soluzioni più o meno efficienti, visto che molte persone non riescono nemmeno a raggiungerne i requisiti (spesso a causa dei lunghi part-time o di carriere in nero e discontinue).
A questo si aggiungono importi decisamente bassi, che finiscono per scoraggiare il lavoratore. E mentre si incentiva a restare al lavoro anche chi i requisiti li avrebbe, spunta la questione TFR. Una proposta che, sulla carta, permetterebbe di uscire prima, a patto di rinunciare al gruzzoletto maturato durante gli anni. Una scelta volontaria, certo, ma che non può non far discutere.
C’è un nuovo nodo sul tavolo della previdenza e riguarda da vicino il TFR, il Trattamento di Fine Rapporto che finora è sempre stato considerato una liquidazione da incassare alla fine della carriera. Ora però il Governo valuta una strada diversa: usare quel capitale per rafforzare le pensioni e permettere, a certe condizioni, l’uscita dal lavoro a 64 anni.
A parlarne è stato il sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon in un’intervista a La Repubblica. Secondo lui, la soglia dei 64 anni potrebbe diventare un’opzione reale per molti, non solo per chi ha versato contributi nel sistema ‘puro’. L’idea è permettere anche a chi rientra nel sistema misto di accedere a una pensione anticipata, integrando l’assegno mensile proprio con il TFR accumulato.
Per farlo si valuta la possibilità di destinare il TFR all’INPS, trasformandolo in una rendita utile ad aumentare l’importo della pensione. Non si tratterebbe di un prelievo forzoso, ma di un utilizzo finalizzato ad anticipare l’uscita, con l’obiettivo dichiarato di rafforzare la previdenza complementare.
La valutazione economica è ancora in corso, ma la direzione è trasparente. Se il piano andasse avanti, cambierebbe il modo in cui milioni di lavoratori vedono il proprio TFR; da riserva personale a leva per la pensione. Con tutto ciò che comporta. Qualcuno potrebbe non accettarlo, ma già la possibilità di scegliere, sarebbe di per se un passo avanti.
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