Alpha Blondy è sempre Alpha Blondy. Sessantun anni suonati, una ventina di album in carriera, l’ultimo dei quali Mystic Power, uscito 15 marzo scorso su Wagram, seguito a ruota dal Best of Alpha Blondy, rilasciato il 2 dicembre scorso, e una vita vissuta intensamente fra viaggi lontani e ritorni nella sua terra, la Costa d’Avorio, su e giù dal palco, dentro e fuori dagli studi di registrazione, dove negli anni ha collezionato tante collaborazioni illustri, su tutte quella con The Wailers, per un periodo, il più buio, fu addirittura recluso in un istituto d’igiene mentale, ma Seydou Koné è ancora in pista e con più di un colpo in canna.
Lo abbiamo visto venerdì, headliner di una serata tutta in levare, che, oltre all’artista ivoriano, ha portato sul palco del Live Club di Trezzo sull’Adda, i romani Radici nel Cemento, formazione dalla storia ventennale e tra le più stimate nel panorama reggae nostrano, uscita il 14 ottobre scorso con il nono studio album 7, pubblicato da RNC Produzioni. Una bella scarica di energia quella dei sette di Fiumicino, protagonisti di una performance serratissima tra roots, rocksteady e ska: si divertono loro e si diverte il pubblico. E le teste continuano a muoversi anche durante il cambio palco (ottima, tra l’altro, la gestione dei tempi tecnici) col dj set di Vito War, direttamente da Reggae Radio Station di Popolare Network, storico selecta della scena reggae milanese, per l’occasione in consolle prima, durante e dopo i live.
Reduce dalla data salentina del Fòcara Festival di Novoli (Lecce), Alpha Blondy non si fa attendere a lungo. Senza troppi indugi, la band attacca con il riff di Black Dog dei Led Zeppelin, il che, oltre a mettere immediatamente in luce le qualità tecniche dei compagni di viaggio di Seydou, suggerisce ancora una volta quanto i confini di genere costituiscano un parametro relativo, tanto più per uno come Alpha Blondy, noto non solo per la caratteristica miscela di sonorità reggae e proprie della tradizione africana, ma anche per aver reinterpretato pietre miliari della storia del rock, una su tutte “Wish You Were Here” dei Pink Floyd, eseguita, tra l’altro, in chiusura.
alpha interna concertoGiustamente celebrato dalle coriste, Alpha Blondy, accolto sul palco da un’ovazione, si gioca subito uno dei suoi pezzi migliori, anzi il migliore, quella “Jerusalem” che, tratta dall’omonimo album prodotto nell’86 con la collaborazione dei The Wailers, lo consacrò fra i grandi del reggae a livello mondiale. Duole riconoscerlo, ma l’esecuzione non rende giustizia al pezzo, che suona un po’ spento, privo dell’energia e del groove che ci si attendeva. Già con Hope, brano tratto dal nuovo Mystic Power, però, le sorti del live iniziano a risollevarsi e, con la band che suona alla grande e Seydou, che tiene il palco con la scioltezza di un giovincello, tra materiale nuovo e pezzi storici, fra cui la contagiosa Cocody Rock, ovviamente cantata all’unanimità dai presenti, Sweet Fanta Diallo e “Brigadier Sabari”, nonostante fuori la pioggia non accenni a diminuire, spuntano il sole e gran sorrisoni al Live Club. E a seguire, per gli irriducibili, la lunga notte di danze con la selezione di Vito War. Good Vibrations.

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